Dossier: Ama, ristrutturazione impossibile con Acea alle porte

Perde sul derivato finanziario. Caltagirone e Gdf-Suez puntano all'affare

“Un segno di normalità”. Così l’amministratore delegato dell’Ama, Daniele Fortini, aveva definito l’utile 2014 dell’azienda capitolina specializzata nella raccolta dei rifiuti. Lo scorso anno la società, controllata dal Comune di Roma, ha infatti chiuso il bilancio con quasi 300mila euro di profitti lasciandosi alle spalle le perdite dell’esercizio precedente (462 milioni). Peccato pero’ che nel risultato 2014 non ci sia proprio niente di normale. Il dato positivo è infatti legato a doppio filo con una partita straordinaria: si tratta delle rivalutazioni e del “conferimento del Centro Carni al fondo Sviluppo e dei 54 immobili aziendali al Fondo Gestione” come si legge nel bilancio dell’anno scorso. Questa operazione immobiliare ha infatti generato per l’Ama ben 15 milioni di plusvalenze determinando un risultato molto positivo per la gestione straordinaria. “I conferimenti patrimoniali nei fondi, gestiti da sgr riscontrate da gara pubblica, sono stati completati alla fine del 2014 consentendo rivalutazioni importati e straordinarie che avranno positivo riverbero anche nei prossimi bilanci aziendali” precisa il documento contabile. “Il Fondo Immobiliare Sviluppo – prosegue – è un fondo comune di investimento alternativo immobiliare riservato, gestito dalla BNP Paribas sgr”. La banca francese, che è proprietaria della Bnl,  dovrà ora gestire al meglio il mattone della controllata pubblica. Anche nel proprio interesse dal momento che la Bnl è il principale creditore bancario (oltre 550 milioni su 1,228 miliardi di debiti) dell’Ama che già da tempo naviga in cattive acque. Già nel 2009, infatti, il Campidoglio fu costretto a rimpinguare le casse dell’Ama su richiesta delle banche creditrici. All’epoca l’amministrazione Alemanno non trovò niente di meglio che conferire all’Ama il Centro carni, una vecchia area fra la Prenestina e la Collatina in passato usata per la macellazione. Con quella mossa, Alemanno tentò di ridare un po’ di fiato alla  partecipata pubblica in vista di un rilancio. Tuttavia la ristrutturazione dell’Ama non decollò mai. Quattro anni dopo il conferimento del Centro carni, l’azienda perdeva ancora quasi 500 mila euro su un fatturato da 738 milioni. Il rosso non sarebbe stato poi così grave se non fosse stato per il fardello dei debiti e per il fatto che, nel 2010, l’Ama decise pure di stipulare “con le banche Bnl, Unicredit, Bps e Mps un’operazione di copertura (interest rate swap) con la finalità di controbilanciare l’oscillazione del tasso di interesse variabile collegato al finanziamento della linea a lungo termine concessa con il contratto di ristrutturazione del debito” come si legge nel bilancio 2014 che svela una perdita potenziale legata al derivato pari a 36,17 milioni. Ecco perché, nonostante le rivalutazioni immobiliari, i revisori del Campidoglio sono inquieti per il futuro dell’Ama, che dà lavoro a più di 7800 persone. Per evitare il peggio, il Comune di Roma ha deciso di rinnovare comunque il contratto di servizio con l’Ama per altri 15 anni nell’ambito di un accordo da 12 miliardi. Ma il sindaco Ignazio Marino ha anche prospettato grossi cambiamenti con l’apertura dell’azienda ai capitali privati. “Abbiamo intrapreso un percorso di riassetto e snellimento della governance aziendale – ha spiegato Marino subito dopo il rinnovo del contratto di servizio – Ora chiediamo alla nostra società inhouse un salto di qualità, anche cercando un partner industriale per affrontare nuove sfide”. Il mercato in cui opera l’Ama, che gestisce  1.780.000 tonnellate di rifiuti per un bacino d’utenza di quasi tre milioni di persone, ha del resto un suo appeal: l’immondizia del Lazio è un grande business come testimoniano gli affari d’oro fatti in passato da Manlio Cerrone con la discarica di Malagrotta. E c’è da scommettere che i potenziali partner di Ama non tarderanno a manifestarsi. Primo fra tutti Acea, controllata al 51% dal Comune accanto ai due soci privati Caltagirone e Gdf-Suez. L’azienda, guidata da Alberto Irace, vuole diventare uno dei più importanti operatori nazionali nel trattamento dei rifiuti. Quale migliore opportunità, dunque, di una sinergica alleanza con l’Ama? (Elena de Santis)

 

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