Un rebus nel rebus. Appesa a un filo, stretta tra concordato preventivo e spezzatino, anche il consiglio di amministrazione di Atac diventa un mistero. Non bastava il bilancio, latitante ormai da 40 giorni oltre i termini di legge.
Ieri il board della municipalizzata, il primo dell’era Simioni, avrebbe dovuto esaminare il piano per far fronte al maxidebito da 1,3 miliardi per evitare il fallimento. Ma qualcosa deve essere andato storto visto che Atac ha fatto sapere in una nota come “in relazione a notizie di stampa che erroneamente riportano di un presunto slittamento del cda, Atac sottolinea come tutto ciò non risponda al vero per la semplice ragione che il Consiglio non era stato convocato né per la giornata di martedì né di mercoledi”. Dunque, tutto rimandato?
A quanto pare sì. Attesa per ieri, la riunione del Consiglio di amministrazione di Atac che avrebbe dovuto ratificare le nuove nomine indicate dal Campidoglio dopo il burrascoso addio dell’ex direttore generale, Bruno Rota, e la decadenza delle deleghe dell’ex amministratore unico Manuel Fantasia, dovrebbe tenersi infatti nei prossimi giorni.
Un tavolo attesissimo, quello della nuova governance dell’azienda capitolina, composta dall’ex capo staff dell’assessore alle Partecipate Massimo Colomban, Paolo Simioni, e dai consiglieri Cristiano Ceresatto e Angela Sansonetti, dal quale si attendono importanti decisioni sul destino finanziario della società gravata da un debito di 1,35 miliardi di euro”.