Il quinto giorno a Venezia 75 è arrivato il momento di At Eternity’s Gate, il film di Julian Schnabel con Willem Dafoe nei panni di Vincent Van Gogh; Tramonto – Sunset il secondo titolo del regista premio Oscar László Nemes e il doc su Pepe Mujica di Emir Kusturica El Pepe, una vida suprema.
E per ragioni di embargo, pubblichiamo oggi la recensione di La Quietud di Pablo Trapero presentato ieri.
At Eternity’s Gate è un racconto introspettivo degli ultimi anni della vita di Vincent Van Gogh, interpretato magistralmente da Willem Dafoe. Vincent decide di trasferirsi nel Sud della Francia seguendo il consiglio di Paul Gauguin e qui continua a dipingere moltissimi quadri senza essere compreso e/o amato.
Schnabel dà una visione personale degli ultimi tormentati anni di vita di Vincent Van Gogh, un uomo timido che si perde nelle letture di Shakespeare e che è ignaro alla corte che gli Madame Ginoux. A causa delle preoccupazioni di Theo, Paul Gauguin e Vincent iniziano una convivenza forzata, due stili di pittura e di vita diametralmente opposti che non posso convivere. Il dolore di van Gogh è nei suoi occhi e nelle sue pennellate. L’amore per i suoi paesaggi in cui lui vede l’eternità e che l’hanno consegnato alla storia.
“Il Van Gogh del mio film è un risultato della mia interpretazione dei suoi dipinti, non solo delle persone che l’hanno conosciuto”.
At Eternity’s Gate convince grazie all’ottima interpretazione di Willem Dafoe, a tratti il montaggio e la colonna sonora appesantiscono un po’ troppo il film.
Tramonto – Sunset, è il secondo film del premio Oscar László Nemes: dal protagonista maschile de Il Figlio di Saul, Nemes si concentra sulla vita di Irisz, ultima ereditiera del più importante negozio di cappelli di Budapest. La ragazza si ritrova a vivere gli ultimi tumultuosi anni che precedono la prima Guerra mondiale con un atteggiamento completamente diverso rispetto alle donne dell’epoca. Come una moderna Giovanna d’Arco, Irisz fa di tutto per ritrovare il fratello e per sopravvivere il crocevia di vite, drammi, accenti e lingue diverse che rappresentava Budapest ai tempi dell’impero austroungarico.
Tramonto è un film bello – anche questo pecca di eccessiva lunghezza – che racconta la fine di un’Europa che non c’è più, l’ascesa e la crisi dell’impero austroungarico che si trasporta benissimo nell’Ungheria e nell’Europa di oggi.
El Pepe, una vida suprema è il secondo film dedicato a Pepe Mujica a questo Festival. Dopo il bellissimo 12 Anni, questa volta è Emir Kusturica a raccontarcelo: Pepe Mujica si racconta al regista nell’ultimo giorno della sua presidenza.
Un uomo semplice con il suo mate, le sue galline e i suoi campi, un uomo che ha segnato la storia dell’Uruguay e del mondo ed è stato segnato dai 12 anni passati in carcere. Diverso da 12 Anni, ma comunque emozionante, El Pepe, una vida suprema ha avuto il merito di portare al Lido, il leader politico meno anti divo del mondo: lo stesso che odia i cellulari e scattarsi foto, ma sogna un tasto che tramuti gli smartphone in bagno.
Pablo Trapero porta Fuori Concorso La Quietud, una storia di una famiglia argentina che ha deciso di dimenticare il proprio passato. Sono aristocratici e vivono in una splendida villa, La Quietud, fuori Buenos Aires, quando il padre Augusto ha un secondo ictus, la figlia Eugenia torna a casa e si riaprono alcune ferite rimaste aperte da anni.
Dopo il patriarca di El Clan, Pablo Trapero dedica La Quietud a una figura materna terribile e meravigliosa allo stesso tempo: Esmeralda che ama una delle sue figlie e odia le altre, odia il marito e nasconde un terribile segreto.
Anche la famiglia di La Quietud fa i conti con la dittatura argentina, se i Puccio si arricchirono organizzando rapimenti di ricchi amici del figlio, i López Falco hanno goduto della ricchezze “espropriate” ai desaparecidos. A portare il peso di questo oscuro passato, Esmeralda, impeccabile sempre. La Quietud convince fino a pochi minuti alla fine, ma il film di Trapero resta convincente.