Codice degli appalti, una vittoria a metà per Cantone

Era stato chiamato all'Anac da Renzi a risollevare le sorti di un organismo che esisteva solo sulla carta

La notizia che Raffaele Cantone, numero uno dell’Anac, si è ‘candidato’ per la guida di tre procure preparandosi così a una sfida tutt’altro che scontata al Csm, fa ripensare alla lunga lista di dossier passati per le sue mani. Si va dal Mose al Codice degli appalti, dalle nomine di Virginia Raggi e quelle dei manager Rai, dalle concessioni autostradali agli indennizzi per gli obbligazionisti colpiti dai crack bancari, dalle gare dell’Atac a quelle per il post terremoto.

Quando, chiamato da Renzi, venne a risollevare le sorti di un organismo che esisteva solo sulla carta e non aveva mai lasciato il segno, divenne subito un personaggio ad altissima esposizione mediatica. E in tanti, avendo faccende delicate da trattare, si fecero avanti per chiedere l’imprimatur di Cantone quale lasciapassare di legalità e correttezza.

“L’Anac non dà il bollino per gli appalti”, ha ripetuto lui come un mantra. Però, per un bel pezzo, quel ‘timbro’ piaceva averlo. Poi il mood progressivamente è mutato e con il cambio di governo i rapporti con l’esecutivo si sono raffreddati.

Snodo importante è stata la riforma del codice degli appalti, un testo da sempre mal digerito dal mondo delle imprese, convinto che serva una semplificazione e che le attuali regole abbiano ingessato il settore. Cantone ha più volte puntato il dito sulle modifiche che suonavano come passi indietro introdotti nella legge di bilancio, quali l’affidamento diretto per i contratti fino a 150.000 euro. Anche sulla legge ‘spazzacorrotti’ firmata Bonafede non ha manifestato grande entusiasmo.

Una giornata di alta tensione si registrò il 10 ottobre scorso, quando in audizione alla Camera pronunciò un’evidente bocciatura del decreto per il ponte di Genova, e lo strascico fu un botta e risposta piccato con Palazzo Chigi.

“Per il governo dei condoni il problema è l’Anticorruzione. Siamo orgogliosi di avere voluto l’Anac”, twitta Maurizio Martina. “Un governo che fa sentire chi dirige l’Autorità anticorruzione di essere sopportato è pericoloso”, dichiara Emanuele Fiano. Il sostegno Dem non si è fatto attendere.

C’è da dire, però, che anche col precedente governo qualcosa a un certo punto si incrinò. E non solo nei rapporti tra Renzi e Cantone.

A fine aprile 2017, premier Gentiloni, divenne un caso la cancellazione dal Codice appalti di una norma che affidava particolari poteri di controllo e sanzione all’Anac. Gentiloni chiamò Cantone da Washington e poco dopo Palazzo Chigi diffuse una nota in cui assicurava: “nessuna volontà politica di ridimensionare i poteri Anac”, “si porrà rimedio in maniera inequivocabile”. Ma lo strappo si era consumato. (fonte Ansa)

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