“Adesso te ne vai e mi lasci con un senso incolmabile di vuoto, ma so che ogni volta che dirò, anche da solo, nella mia testa, ‘Montalbano sono!’ dovunque te ne sia andato sorriderai sornione, magari fumandoti una sigaretta e facendomi l’occhiolino in segno di intesa, come l’ultima volta che ci siamo visti a Siracusa. Addio maestro e amico, la terra ti sia lieve! Tuo Luca”.
E’ il saluto commosso, affidato a un lungo post su Instagram, di Luca Zingaretti allo scrittore Andrea Camilleri, morto oggi a 93 anni. “E alla fine mi hai spiazzato ancora una volta e ci hai lasciato”, scrive l’attore, che ha consacrato il volto televisivo di Montalbano fatto di modi spicci e ironia ficcante, stazza mediterranea e gambe arcuate.
“Nonostante le notizie sempre più tragiche, ho sperato fino all’ultimo – confessa Zingaretti, che ha postato una sua foto seduto in spiaggia, di spalle, mentre guarda il tramonto – che aprissi gli occhi e ci apostrofassi con una delle tue frasi, tutte da ascoltare, tutte da conservare. E invece è arrivato il momento di ricordare. Di cercare le parole per spiegare chi sarà per sempre per me Andrea Camilleri. Un Maestro prima di tutto, un uomo fedele al suo pensiero sempre leale, sempre dalla parte della verità che ha raccontato tutti noi e il nostro paese”.
“Mancherai. È inevitabile, è doveroso. Per la tua statura artistica, culturale, intellettuale e soprattutto umana. Le tue parole – sottolinea ancora l’attore – resteranno sempre con la stessa semplicità e con l’immensa generosità e saggezza con cui le hai condivise, da mente libera e superba quale sei. Ma soprattutto mancherai a me perché in tutti questi anni meravigliosi in cui ho incrociato la mia vita con quella del commissario, mi sei stato amico. Ho avuto la strana sensazione che bastasse un tuo tratto di penna a cambiare la mia vita. Ho vissuto accanto a te, nel tuo mondo, quello che avevi creato, quello che ti apparteneva perché uno scrittore non può che riportare se stesso nelle cose che scrive. E ho imparato tantissimo. Il rispetto per le persone, tutte, per se stessi, e per le persone deboli. Perché il tuo commissario è così che la pensa”.
“A volerti bene no”, continua. “Quello già sapevo farlo dai tempi dell’accademia, quando non ci trattavi da allievi, ma piuttosto da colleghi. Ho imparato che il valore delle persone non c’entra nulla con quello che guadagnano, con le posizioni che ricoprono, con i titoli che adornano il loro cognome: le persone si valutano per quello che sono”.