“Forse non tutti sanno che sono figlio d’arte, i miei genitori erano entrambi cantanti di zarzuela. La serata di musica spagnola è nata per questo”: è un omaggio pieno d’amore per la sua famiglia e le sue origini la “Noche española” che Placido Domingo regalerà al pubblico di Caracalla il 7 agosto, nel cartellone estivo del Teatro dell’Opera di Roma.
“Mia madre cantava pochi giorni prima che io nascessi e per me fare il cantante resta un privilegio: si crea una tale comunione con il pubblico che si riescono a cancellare tutti i problemi quotidiani”, afferma oggi a Roma il maestro, reduce dai successi all’Arena di Verona dove ha appena festeggiato i 50 anni dal suo debutto (dirigendo l’Aida e cantando ne La Traviata). In un grande concerto composto da canzoni della tradizione spagnola e arie da celebri zarzuelas, accompagnato dall’orchestra del teatro capitolino diretta da Jordi Bernàcer, Domingo sarà dunque di nuovo indiscusso re a Caracalla, a 29 anni dalla storica serata de “I tre tenori”, quando fu protagonista tra le rovine romane con Luciano Pavarotti e José Carreras: “tornare dopo tanti anni è una grande emozione, sono felicissimo”, dice, ricordando l’amicizia con i due colleghi, e il divertimento di “scegliere il programma di quel concerto e sorteggiare i brani che volevamo cantare tutti e tre.
Siamo stati tanto insieme e non abbiamo mai avuto un problema”. In questo concerto romano, dal titolo Gala Placido Domingo “Noche española”, sarà la Spagna protagonista, grazie a un repertorio dal sapore popolare: “la zarzuela è la sorella o la cugina dell’opera: non ha solo la musica ma anche il dialogo”, spiega Domingo, “non si raccontano drammi troppo grandi, le cose infatti alla fine si risolvono sempre. Le storie delle zarzuelas sono ambientate nelle diverse regioni spagnole, ognuna caratterizzata da una propria musica”. Sul palco delle Terme di Caracalla saliranno anche il soprano di origini cubane Ana Maria Martinez e il tenore messicano Arturo Chacón Cruz, oltre alla Compagnia di ballo Antonio Gades di Madrid, perché, spiega ancora l’artista, “nel nostro spettacolo la danza è essenziale”. Con una carriera di oltre mezzo secolo alle spalle, la star spagnola non ha nostalgia del passato: “Non ho mai pensato che i miei tempi fossero migliori, ci sono sempre stati maestri, grandi interpreti e registi”, dice, “prima la lirica in Europa si faceva solo nelle capitali, adesso ogni grande città ha un teatro d’opera. Ci sono compagnie ovunque e finalmente si sta formando un pubblico giovane”.
“Per me questo è un momento positivo. Alcuni dicono che l’opera sia passata. Io non lo credo”, prosegue, “penso però che si debba lavorare sulla regia, oggi con una stessa scenografia si fanno 10 opere. Invece si deve raccontare la storia al pubblico giovane che ha bisogno di un pizzico di tradizione”. Sulle opere a cui è legato maggiormente, Domingo non ha dubbi, Otello e Tosca: “le ho interpretate entrambe più volte, ben 225 repliche per ognuna”, racconta, “con la Tosca ho iniziato e poi ho avuto l’onore di dirigerla per il centenario nel 2000, con Luciano (Pavarotti, ndr) che cantava Cavaradossi”. (Marzia Apice per Ansa)