Il vaccino anti-Covid di ReiThera funziona. Già tre settimane dopo la prima dose è stata osservata una risposta anticorpale in oltre il 93% dei volontari che raggiunge il 99% dopo la seconda somministrazione, senza che siano stati riscontrati “seri” eventi avversi correlabili. La notizia arriva dalla stessa azienda biotech con sede a Castel Romano, nel Lazio.
“Il programma di Fase 3 ha ricevuto parere positivo da importanti agenzie regolatorie inclusa l’Ema e ci auguriamo di poterlo iniziare quanto prima”, dice Roberto Camerini, Direttore Medico di ReiThera.
L’azienda a fine maggio si era vista bloccare dalla Corte dei Conti il finanziamento stanziato dal governo, indispensabile per continuare. Ma proprio in quell’occasione il ministero dello sviluppo economico si era detto pronto ad intervenire. Intanto lo studio di Fase 2, iniziato il 18 marzo in 24 centri clinici distribuiti su tutto il territorio italiano, è stato condotto su 917 volontari di cui il 25% di età superiore a 65 anni e/o con condizioni associate ad un aumentato rischio di malattia severa in caso di infezione da SARS-CoV-2.
Secondo i risultati preliminari, a cinque settimane dalla prima vaccinazione il livello degli anticorpi che neutralizzano il virus è comparabile a quello misurato in un gruppo di pazienti convalescenti dall’infezione Covid-19. “Il vaccino è ben tollerato alla prima somministrazione e ancor meglio alla seconda – sottolinea ReiThera. Gli eventi avversi, prosegue l’azienda, per la maggior parte di grado lieve o moderato e di breve durata, sono principalmente riferibili a dolore e tensione al sito di iniezione, senso di affaticamento, dolori muscolari e mal di testa. Non si sono registrati eventi avversi seri correlabili al vaccino”.
“Siamo molto soddisfatti, ribadiamo il nostro impegno nella lotta contro la pandemia e per fare fronte alla domanda globale di vaccini”, ha sottolineato Camerini. Ma per proseguire la sperimentazione, al vaccino italiano servono soldi. A maggio la Corte dei Conti ha bocciato il decreto che avrebbe attivato i fondi per l’azienda, 81 milioni promessi da Invitalia a gennaio. I magistrati contabili hanno sostenuto che l’investimento non può comprendere l’acquisto della proprietà della sede operativa della società e che le spese non sono ammissibili “per finalità generali, produttive o di ricerca, anche per conto terzi, come si evince invece nel progetto presentato”.
Il Mise, attraverso il ministro Giancarlo Giorgetti, si era detto “disponibile a contribuire al progetto nelle forme e nei modi consentiti utilizzando diversi e innovativi strumenti previsti anche dalle nuove norme”. Dopo la bocciatura della Corte dei Conti l’azienda ha spiegato che, in mancanza di intervento da parte del governo, cercherà fonti di finanziamento alternative.