Dall’ospedale Casilino al Sandro Pertini, nessun nosocomio è escluso dall’impasse, racconta il dorso locale del Messaggero. Nel primo, di fronte al pronto soccorso, ieri lampeggiava ben chiara la scritta elettronica “previste molte ore di attesa rivolgersi al curante” che sarebbe il medico di famiglia o lo specialista. Ma questo non ha impedito il crearsi di una fila di utenti che è rimasta voluminosa fino a sera. Si chiama “sovraffollamento” – scrive il quotidiano romano – ed è la tenaglia che costringe la maggior parte dei pronto soccorso laziali in questi giorni dove alla recrudescenza dei contagi da Sars-Cov-2 (2.627 i positivi ieri nel Lazio) si sommano gli effetti dell’influenza senza considerare le patologie più gravi, dagli infarti agli ictus fino ai traumi, compresi quelli degli incidenti stradali, e alle polmoniti non virali.
La situazione è dunque da “codice rosso” con tempi allungati e dilatatiper le visite dei pazienti meno gravi e per il ricovero di quelli più seri, costretti a pagare il cosiddetto “boarding” del pronto soccorso; restare in Dea nell’attesa di un posto nel reparto più consono. Si deve partire da qui per spiegare il sovraffollamento dei pronto soccorso perché è una catena che lega diversi fattori.
C’è sicuramente l’aumento dell’utenza, pazienti con febbri e tossi che si recano al pronto soccorso per paura, perché non trovano il medico di famiglia, perché si sentono male. Poi però c’è anche il problema datato di come operano le aziende ospedaliere: Tutt’altro che orchestre sinfoniche. “Il nodo dei pronto soccorso – spiega Giulio Maria Ricciuto a capo del Simeu Lazio e primario del Dea al Sandro Grassi di Ostia riguarda l’organizzazione”. Entro il 31 dicembre proprio le aziende ospedaliere avrebbero dovuto dar seguito al piano per la gestione del flusso di ricovero e del sovraffollamento in pronto soccorso “ma – prosegue Ricciuto – siamo in ritardo”.
I NUMERI
E questi ritardi si leggono poi – scrive il Messaggero – nelle file e nei numeri. “In qualsiasi momento si consulti il dato sui pazienti in attesa di ricovero – aggiunge ancora il numero uno del Simeu Lazio – abbiamo tra i 700 e i 900 pazienti che aspettano un posto letto in reparto, il 15% viene preso in carico dopo 48 ore”. E le visite in pronto soccorso si suddividono mediamente così: “Per i codici verdi non si riesce a stare entro i tempi previsti, ovvero le due ore fa di conto Ricciuto – spesso accade che le ore diventino sei. I codici rossi e gialli naturalmente vengono presi in carico ma aumentano in maniera esagerata i tempi di ricovero perdendo anche i benefici degli interventi iniziali dei medici di pronto soccorso”. Il paziente che resta ¡n attesa di un posto letto è un paziente che occupa comunque un posto in Dea, il nuovo ingresso resta dunque su una lettiga dell’ambulanza che, a sua volta, rimane bloccata fuori enon può ripartire.
E non c’è solo l’influenza che ha portato più utenti a raccogliersi negli ospedali o il Covid. “Ci sono anche infarti, ictus, polmoniti non virali – conclude Ricciuto – che sono in aumento e questo perché nei due anni passati il potenziale malato cardiologico non solo non si è recato in ospedale ma ha evitato ambulatori e visite specialistiche”. Eccola allora la catena che si mostra, che va a discapito dei pazienti in primis e pure dei fragili perché tra le file che ieri si contavano davanti ai pronto soccorso c’erano anche anziani soli e malati. Un problema di organizzazione su cui insiste anche una difficoltà socio-sanitaria.