Caso Orlandi: il Vaticano riapre le indagini

legale famiglia, contenti della riapertura dell’indagine, lo abbiamo appreso solo dalla stampa

Emanuela Orlandi

Nuove indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi avvenuta a Roma nel giugno del 1983 sono state avviate dal promotore della giustizia Vaticana Alessandro Diddi. Secondo quanto si apprende, l’iniziativa e’ legata ad una serie di esposti e denunce depositati in passato da Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, e da acquisizioni fatte in fonti aperte.

“Siamo contenti dei nuovi accertamenti dell’autorita’ vaticana. Abbiamo presentato due denunce, la prima nel 2018 e la seconda nel 2019. Non so su quale base abbiano aperto, lo abbiamo appreso dagli organi di stampa. Siamo curiosi di saperne di piu’ anche noi. Reputo che la famiglia Orlandi sarebbe dovuta essere avvisata un po’ prima”. Cosi’ l’avvocato Laura Sgro’, legale della famiglia Orlandi.

La magistratura vaticana in primo luogo analizzerà gli atti e i documenti relativi alle vecchie indagini. Il procedimento della Procura di Roma sulle sparizioni della Orlandi e di Mirella Gregori, quest’ultima avvenuta il 7 maggio sempre del 1983, venne archiviato nell’ottobre del 2015 su richieste dall’allora procuratore capo Giuseppe Pignatone, e ora presidente del Tribunale vaticano, e dai sostituti Ilaria Calò e Simona Maisto.

La storia

Nel giugno 1983 Emanuela Orlandi, cittadina vaticana di 15 anni, sta tornando a casa tra le mura leonine da una lezione di musica quando sparisce nel nulla. Un mistero, quello della scomparsa della ragazzina ancora senza una risposta e che ha visto negli ultimi 40 anni diverse ipotesi e piste, tutte finite in un vicolo cieco.

Ora, a distanza di quattro decenni, la svolta, con la riapertura delle indagini da parte della magistratura vaticana. Tutto ha avuto inizio il 22 giugno del 1983: Emanuela termina la sua lezione di flauto e canto alla scuola di musica Ludovico da Victoria in piazza Sant’Apollinare, tra piazza Navona e Palazzo Madama. Sono le 19 quando, in teoria a lezione finita, chiama da una cabina a casa, trovando la sorella Federica: a lei dirà che qualcuno le ha offerto una grossa cifra per distribuire prodotti Avon alla sfilata delle sorelle Fontana. Emanuela dovrebbe prendere il bus per andare a casa ma non salirà su quell’autobus. Il perché ancora non è chiaro. Quello che è certo è che da quel momento di lei si perdono le tracce.

Fin da subito il caso appare complesso, con la procura che indaga sulla scomparsa legata a una presunta violenza sessuale, senza toccare la pista Avon, come invece chiede da subito la famiglia. Passano i giorni e di Emanuela non si sa nulla. Il mistero si infittisce quando il 3 luglio San Giovanni Paolo II, allora Papa, esprime la sua vicinanza ai familiari per la scomparsa della giovane. Si tratta di una cittadina vaticana, le parole del Pontefice sono nell’ordine delle cose ma due giorni dopo la sala Stampa Vaticana riceve la telefonata dell’Amerikano, un uomo che dice di avere in ostaggio la ragazza e che il suo rilascio arriverà solo con quello di Mehmet Alì Agca, l’uomo che sparò a Karol Wojtyla il 13 maggio 1981. La sua richiesta sarà replicata anche dal Fronte di Liberazione Turco Anticristiano Turkesh. Con il tempo emergono altri dettagli, come la richiesta dell’Amerikano di usare il codice 158, ma intanto spuntano altre piste una delle quali legherebbe la vicenda anche alla Banda della Magliana.Nel corso degli anni sul caso ha indagato sia la magistratura vaticana sia quella capitolina, senza arrivare, almeno fino ad oggi, ad alcun risultato

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