Rifiuti: niente fondi del Pnrr per la rivoluzione verde del Lazio, bocciati 97 progetti

Il dato, che emerge da un'elaborazione condotta per Repubblica dalla società di consulenza Althesys, ricostruisce progetto per progetto i tentativi avanzati nella regione, che tuttavia hanno ottenuto punteggi molto bassi

Uno striscione esposto dai manifestanti.

La doccia fredda di dicembre, quando è emerso che Roma non riceverà i fondi del Pnrr per finanziare la costruzione dei biodigestori di Cesano e Casal Selce, progettati per trattare 120mila tonnellate di rifiuti organici ciascuno, è solo l’inizio di un temporale che si è abbattuto sui sogni della regione di riscrivere il suo difficile rapporto con i rifiuti e la loro gestione.

Sulla linea di investimento “revamping e costruzione di impianti di trattamento” – scrive oggi il dorso locale della Repubblica – decisiva per operare quella che il Piano definisce la “rivoluzione verde e transizione ecologico”, rispetto ai 475 progetti che hanno ottenuto un punteggio a livello nazionale il Lazio è stata la regione che ne ha presentato il numero maggiore: 97, pari al 20% del totale, seguita dalla Calabria e dalla Sicilia. Tuttavia, nonostante la partecipazione massiccia di comuni e enti vari che hanno aderito con entusiasmo alla promessa del Pnrr, nessun progetto laziale è riuscito a collocarsi tra i 28 finanziati dal ministero.

Il dato, che emerge da un’elaborazione condotta per Repubblica dalla società di consulenza Althesys, ricostruisce progetto per progetto i tentativi avanzati nella regione, che tuttavia hanno ottenuto punteggi molto bassi, dai 69,6 punti di un progetto della città di Roma ai 16,7 punti di un altro progetto presentato dal comune di Cisterna di Latina, per un punteggio medio di appena 55,79 punti.

“I punteggi ottenuti dai progetti del Lazio – spiega Alessandro Marangoni, chief executive office di Althesys a Repubblica – sono stati piuttosto bassi su entrambe le linee di finanziamento legate alla gestione dei rifiuti. Difficile indicare le ragioni dato che i criteri impiegati dal ministero per il loro calcolo sono molteplici: dal livello della progettazione validato, alla popolazione interessata, dalle quantità di rifiutitrattate, al deficit impiantistico nell’area, dalla coerenza con lo sviluppo tecnologico del settore, al contributo alla risoluzione delle infrazioni dell’UE, dalla congruità e del quadro economico, alle tempistiche. Se certamente il Lazio è in deficit impiantistico, il livello tecnológico delle proposte e le tempistiche forse non erano altrettanto forti”.

E così di progetto in progetto l’analisi passa al setaccio tutte le possibili iniziative presentate dai territori, a partire dal biodigestore di Casal Selce che avrebbe richiesto un investimento di 80 milioni di euro, seguito dai 38 milioni necessari per l’impianto di Cesano. Oltre ai biodigestori i progetti presentati hanno previsto anche la costruzione di un impianto di selezione e valorizzazione della carta e della plastica a Ponte Malnome e di un impianto analogo a Rocca Cencía, oltre che una serie di impianti e poli impiantistici distribuiti tra Rieti, Patrica, Casteinuovo di Porto, Velletri, Riano e Fiumicino, dove – nei pressi dell’aeroporto – sarebbe dovuto sorgere un biodigestore capace di trattare 60mila tonnellate l’anno.

Tutti progetti per il momento naufragati, anche se – almeno per i due biodigestori di Roma – in Campidoglio sono convinti che non sia ancora detta l’ultima parola. “Così come molti altri – prosegue Alessandro Marangoni – anche i progetti laziali sono rimasti esclusi innanzitutto a causa della limitatezza delle risorse messe complessivamente a disposizione (450 milioni di euro per ciascuna linea) dal Pnrr per l’economia circolare. Ciò è particolarmente evidente per la linea destinata al revamping e alla costruzione di nuovi impianti di trattamento dove, a fronte di 556 progetti presentati, 475 hanno ricevuto un punteggio da parte del Ministero, ma per ben 447 di questi (pari all’80% del totale presentato) è esaurito il plafond”.

In tema di rifiuti, prima di arrivare al Lazio, molti progetti sono stati infatti assegnati alle regioni del Sud, dove è stato assegnato circa il 60% degli stanziamenti complessivi previsti per questa linea di investimento. Un fatto che si spiega con la necessità di recuperare il profondo gap delle regioni meridionali, che presentano un ritardo storico nella gestione dei rifiuti. Alla luce della condizione di Roma, e di riflesso di diversi comuni della regione, anche la situazione del Lazio non è da meno, e perdere il treno del PNRR – almeno sul fronte dei rifiuti – significa rischiare di condannare una volta ancora la capitale alla cronicità della sua crisi.

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