L’allergia del Governo Meloni a ratificare il MES, le polemiche sui migranti sono soltanto la punta dell’iceberg dei rapporti difficili tra l’Italia e l’Europa. La premier e la sua maggioranza hanno continuamente bisogno di nemici, veri o presunti, per dare senso alla politica e l’Europa è il bersaglio preferito nel campo di battaglia. E’ il principale terreno dove esaltare i valori di difesa e tutela della patria e dell’interesse nazionale. Meloni è consapevole che l’Europa non può fare a meno dell’Italia, ma sembra dar poco peso al fatto che l’Italia non può prescindere dall’Europa. Basta chiedere ai britannici che stanno pagando un prezzo elevatissimo per la Brexit ed è il rischio che corre l’Italia se l’ideologia dovesse orientare scelte e strategie nell’interesse del Paese.
L’Europa e le sue istituzioni non sono il paradiso e non hanno il dono dell’infallibilità.
Ma gridare continuamente al lupo al lupo, leggere un attacco all’Italia su ogni iniziativa comunitaria produce l’unico risultato di indebolire le posizioni italiane. La politica anche quella in Europa si nutre di contenuti, obiettivi, strategie e tattiche. I consigli europei rappresentano l’apoteosi del compromesso, ma anche la diplomazia deve rispettare forme e consuetudini.
Su alcuni temi fondamentali l’Italia non ha una propria proposta
E su questo terreno il governo Meloni si sta muovendo come l’elefante nella cristalleria, e la cristalleria non è l’Europa ma i 59 milioni di italiani e le 4,5 milioni di imprese. Rientra nel tatticismo puntare i piedi sul MES, ma elevarlo a simbolo dell’interesse nazionale non porta benefici. Meloni dovrebbe ricordare che Lega e grillini nel 2018 promettevano l’uscita dall’euro ma poi sappiamo come è andata a finire, sostenendo un governo guidato dal principale difensore della moneta unica.
Ormai contano le percezioni. Poco importa se il MES venne approvato dall’ultimo governo Berlusconi con Lega e AN nel 2010. Poco importa che l’Italia ha già versato i fondi di competenza (14 miliardi) per finanziare il fondo salva Stati.
L’errore tattico del governo è voler inserire, fuori tempo massimo, il MES dentro un pacchetto di dossier come riforma del patto di stabilità e una serie direttive e regolamenti che riguardano la transizione ecologica, dalle deroghe all’auto elettrica alla direttiva casa. Ma c’è anche un errore strategico. Su alcuni temi fondamentali l’Italia non ha una propria proposta, le trattative sulla riforma della governance europea sono iniziate due anni fa, a fine 2022 erano attese le proposte dei singoli Paesi sul nuovo patto di stabilità ma dall’Italia non è partito alcun contributo.
L’unica proposta italiana riguarda la deroga per i biocarburanti. Una proposta pasticciata a differenza di quella tedesca. Sulla direttiva casa il governo promette battaglia sostenendo che l’Europa vuole imporre una patrimoniale ma intanto ha smontato di fatto i bonus all’edilizia per la riqualificazione energetica.
Dalla Commissione Ue un approccio dirigista, che ignora le differenze e le peculiarità dei vari Stati.
Questo sbraitare indebolisce però l’Italia, annacqua anche le ragioni su temi rilevanti, fa passare in secondo piano i passi falsi e le contraddizioni dell’Europa. La Commissione guidata da Ursula von der Leyen non gode di buona salute. La reazione alla pandemia rapida e incisiva è uno sbiadito ricordo. La guerra in Ucraina ha di nuovo evidenziato i limiti politici dell’Europa. L’unità contro la Russia riflette la compattezza della Nato, non l’orientamento politico dei 27 Stati membri.
La Commissione UE nel tentativo di recuperare spessore politico ha scelto la strada dell’interventismo vincolante. Ad esempio su imballaggi e ecodesign ha varato altrettanti regolamenti, che a differenza delle direttive non possono essere adattati dai singoli paesi. Un approccio dirigista, che ignora le differenze e le peculiarità dei vari Stati. Nello specifico i due regolamenti avrebbero effetti negativi sulle virtù italiane in materia di economia circolare e riuso dei prodotti che ci pongono tra i leader in Europa. La stessa direttiva casa nella prima versione andava ben oltre i limiti legislativi indicando il sistema sanzionatorio che di regola è esclusiva degli Stati all’atto del recepimento.
Sui due regolamenti l’Italia ha ragioni da vendere per pretendere una profonda revisione ma l’atteggiamento bellicoso del governo deve essere sostenuto da armi (argomenti) efficaci. Puntare tutto sul rinvio non porta alcun beneficio.
La revisione del Pnrr un rischio per l’Italia
Anche la revisione del Pnrr rischia di trasformarsi in un clamoroso autogol per l’Italia. La Commissione Europa ha sempre mostrato disponibilità a rivedere il piano, anche perché un mezzo fallimento italiano avrebbe ripercussioni pesantissime per l’Europa. L’Italia infatti assorbe oltre il 20% delle risorse del Next Generation EU, un risultato negativo renderebbe molto difficile in futuro nuove iniziative di finanziamenti condivisi oltre a dare un colpo mortale all’obiettivo di creare un debito comune tra i paesi euro.
La sensazione è che la maggioranza italiana di destra-centro abbia iniziato la campagna elettorale per le europee che si terranno l’anno prossimo con il sistema proporzionale. Sarà un test per misurare gli equilibri interni, verificare se il partito della premier avrà il necessario consenso per diventare una forza della destra moderata nel solco delle tradizioni europee. Poco importa se il prezzo della possibile trasformazione politica di Meloni lo pagheranno gli italiani.