Migliaia di persone, ognuna con la sua storia, ammassate in condizioni spesso al limite. New York e Lampedusa, la prima una metropoli che si affaccia sull’Atlantico a ‘rischio distruzione’ come dice il sindaco Eric Adams, la seconda un’isola turistica nel cuore del Mediterraneo. Due mondi apparentemente lontanissimi, ma uniti da quella che è oggi una vera e propria emergenza mondiale, con le loro ‘città dei migranti’ che ne feriscono l’anima. Da una parte il Roosevelt Hotel, per anni iconico quattro stelle di Manhattan, oggi malinconicamente ridotto a ‘shelter’ per tante persone alla ricerca del sogno americano che ne assediano le eleganti stanze, un tempo frequentate anche dal personale dell’Alitalia. Dall’altra l’hotspot di contrada Imbriacola, dove l’emergenza è all’ordine del giorno e le disgrazie umane fanno i conti con la scarsa solidarietà europea.
New York e Lampedusa sono due facce della stessa medaglia. Stessi problemi di accoglienza, malcontento dei cittadini e centri al collasso diventati gironi danteschi da cui scappare al più presto. E la politica cerca di mettere toppe, ma fa fatica a dare risposte. La questione negli States come in Europa si è trasformata in un braccio di ferro politico tra destra e sinistra, con reciproci scambi d’accusa. Il sindaco della ‘Grande Mela’ ha parlato di una città piegata da un afflusso di 110mila richiedenti asilo e ammesso che non vede una soluzione all’orizzonte. “Questo problema distruggerà New York City – ha affermato – Non stiamo ricevendo alcun sostegno su questa crisi nazionale”. Parole che sanno di sconfitta e che non suonano strane neanche a Lampedusa.
Ieri sull’isola siciliana sono arrivate la premier, Giorgia Meloni, e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “Servono strumenti più efficaci di rimpatrio dei migranti illegali che vengano messi in campo dall’Unione Europea e non dai singoli Stati nazionali”, ha detto la presidente del Consiglio, invocando un maggiore coinvolgimento delle Nazioni Unite. Meloni ha ribadito l’importanza di “accordi strutturali” con i Paesi del Nord Africa per fermare le partenze ed evitare il dramma delle morti in mare, ma anche di “lotta più incisiva” contro i trafficanti di esseri umani.
Von der Leyen, dal canto suo, ha presentato un piano di azione in 10 punti per sostenere l’Italia, ma molti Paesi europei finora non hanno mai dimostrato una sincera volontà di aiuto. “Rischiamo un esodo biblico. Non è questione di ordine pubblico, ed è inutile fare interventi tampone. Lo devono comprendere tutti, anche in Italia”, ha sottolineato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, denunciando l'”esplosione” della polveriera Africa.
Una polveriera rischia di diventare anche il Roosevelt Hotel. Da qualche tempo la struttura ha riaperto per accogliere le famiglie di migranti con bambini che continuano ad arrivare in città dal confine meridionale, molti dei quali convogliati su bus diretti verso la Grande Mela dal governatore repubblicano del Texas, Greg Abbott. L’edificio di Midtown che sorge a pochi passi dalla Fifth Avenue ha chiuso i battenti tre anni fa a causa dell’aumento dei debiti dovuto alla pandemia.
Aperto il 22 settembre 1924 dal politico, albergatore e avvocato americano Frank A Dudley, lo storico hotel che conta 1.025 camere con 33 suite su 19 piani venne curiosamente preso in gestione nel 1979 e poi definitivamente acquistato a fine anni Novanta dalla Pakistan International Airlines (Pia), che, a sua volta, lo scorso giugno lo ha dato in affitto per tre anni all’amministrazione di New York per una cifra non banale: 220 milioni di dollari.
Nei giorni scorsi il Roosevelt Hotel è stato teatro della visita di una delegazione dei Democratici guidata da Alexandria Ocasio-Cortez, che è stata contestata da alcuni cittadini, stanchi evidentemente dei tanti migranti che, causa ‘overbooking’, dormono sui cartoni intorno alle mura dell’hotel nominato in onore del presidente Theodore Roosevelt. La delegazione è stata bersaglio di attacchi da parte di manifestanti di destra che hanno sventolato cartelli che scoraggiavano il permesso di lavoro dei migranti.
Anche a Lampedusa cresce il malcontento per una situazione difficile, che tuttavia in queste ore sembra tornare verso la normalità, con poco più di un migliaio di migranti presenti nell’hotspot dopo i momenti difficili dei giorni scorsi quando se ne contavano quasi 7mila. Ma la rabbia cresce. “Vogliono fare qui un centro di trattenimento e rimpatrio per i migranti. Io non ho ascoltato un secco no. Noi sappiamo che vogliono fare un centro di rimpatrio. Ma noi non ci sacrifichiamo per tenere unita l’Europa”, ha affermato Giacomo Sferlazzo, che da qualche giorno guida la protesta dei cittadini lampedusani dopo l’ultima raffica di sbarchi di migranti.
Sbarchi che vanno avanti ormai da anni senza soluzione di continuità e che Gianfranco Rosi raccontò magistralmente in Fuocoammare nel 2016. Di tutt’altro tono, invece, erano i film girati nel Roosevelt Hotel, che nel corso degli anni apparve in diverse pellicole hollywoodiane da ‘Cameriera a Manhattan’ a ‘Il dittatore’ fino a ‘Malcolm X’. Più di recente l’hotel è stato protagonista in The Irishman.