Introdurre bonus e incentivi è relativamente facile. La vera difficoltà è definire un’exit strategy ordinata, in grado di minimizzare gli effetti negativi. La storia recente ci offre molti esempi, il quantitative easing della BCE, i sussidi contro il caro energia, la garanzia pubblica sui prestiti durante la pandemia. Interventi straordinari per i quali, ad esempio, la Banca centrale e la Commissione europea, hanno predisposto un percorso di uscita all’insegna della massima gradualità.
L’esatto contrario di quanto sta facendo il governo con il Superbonus 110% sul quale la premier Giorgia Meloni e il Ministro dell’Economia Giorgetti sono intervenuti con la clava. Per l’incentivo alla riqualificazione degli immobili nessuna proroga, nemmeno limitata nel tempo e circoscritta ai cantieri in via di ultimazione.
Dal primo gennaio scatterà la riduzione dell’incentivo al 70% e la cancellazione dell’opzione dello sconto in fattura e cessione del credito
Pertanto dal primo gennaio scatteranno le modifiche del Superbonus, riduzione dell’incentivo al 70% e cancellazione dell’opzione dello sconto in fattura e cessione del credito. La mancata proroga mette a rischio la conclusione di migliaia di interventi, 36mila secondo le stime dell’Ance, 25mila secondo i calcoli della CNA.
Anche dal palco della festa di Atreju, la premier ha sparato sul Superbonus, che è costato 140 miliardi, come il bilancio annuale della sanità, ed ha favorito soltanto i truffatori. La realtà è un po’ diversa. Il Superbonus pesa per 98 miliardi sulle casse pubbliche, ma il costo netto è molto più basso. I bonus edilizi hanno generato oltre 320mila nuovi posti di lavoro e 33mila nuova imprese, hanno ridotto i consumi di gas di 3 miliardi di metri cubi soltanto nel 2022 secondo la rilevazione effettuata dall’Enea.
Difficile calcolare l’effetto positivo sul ciclo economico, ma secondo l’indagine del Cresme lo Stato è il principale beneficiario avendo incassato il 34% delle risorse complessive grazie a contributi, tasse sul reddito, imposte sui bonifici e Iva. Senza contare che i maggiori redditi da lavoro si trasformano in un aumento dei consumi.
La mancata proroga produrrà effetti fortemente negativi. Sulla base dei dati Enea a fine novembre gli interventi sui condomini ammessi alla detrazione cubano 58,2 miliardi ma quelli ultimati arrivano a 45 miliardi. Si può stimare che a fine dicembre i valori saranno rispettivamente 63 e 48 miliardi.
Pertanto circa 15 miliardi di euro di valore vedranno scendere il bonus al 70% e senza la possibilità di cessione del credito. L’Agenzia delle Entrate riconosce la detrazione sulla base della certificazione dei SAL (stato di avanzamento lavori), la prima al 30%, la seconda al 60% e l’ultima a completamento del cantiere.
Senza interventi in extremis migliaia di contenziosi legali tra condomini e imprese
Cosa significa non terminare i lavori entro il 31 dicembre? Ipotizzando che un condominio ha uno stato di avanzamento del 60% (anche se fosse all’80% fa fede la certificazione al 60%), significa che il cliente deve coprire la quota restante con il 30%. Il costo medio per appartamento (escludendo i lavori trainati) è intorno a 150mila euro. Se lo stato di avanzamento fosse al 60% il proprietario potrà avere un beneficio solo del 70%, quindi dovrebbe contribuire ai costi con circa 20mila euro ma dovrebbe anticiparne 60mila perché dal primo gennaio non c’è più lo sconto in fattura. È molto probabile pertanto che senza interventi in extremis ci saranno migliaia di contenziosi legali tra condomini e imprese con la prospettiva di vedere migliaia di cantieri incompleti.
A Roma e Milano gli importi medi più elevati per la riqualificazione degli edifici
La situazione in Italia non è omogenea, alcune regioni presentano stati di avanzamento elevati, altre invece vanno più a rilento. È il caso del Lazio dove lo stato di avanzamento lavori è al 71%, soltanto Campania e Liguria sono più arretrate con percentuali al 66 e 60%. Il ritardo del Lazio non è l’effetto dell’improvvisazione e della irresponsabilità di condomini e imprese di costruzioni. Roma e Milano presentano gli importi medi più elevati per la riqualificazione degli edifici per il fatto che nelle due città in media gli immobili sono di maggiori dimensioni. E per un intervento di riqualificazione in un palazzo da 30-40 appartamenti sono necessari anche due anni di lavori.
Nel Lazio quindi circa 2mila condomini devono ancora completare i lavori per un valore di 1,6 miliardi che potrebbe sfiorare i 2 miliardi con i dati a tutto dicembre. Una cifra che dovrebbe essere anticipata dai proprietari degli appartamenti che rientrerebbero di 1,4 miliardi attraverso le detrazioni annuali in quattro anni, a condizione di avere la necessaria capienza fiscale.
Forse il governo non ha la piena consapevolezza sugli effetti economici e sociali che provocherà una exit strategy disordinata dal Superbonus 110%. O forse l’esecutivo continua a preferire le prove muscolari che sul patto di stabilità e sul MES hanno portato a risultati disastrosi.