Nebbia in Agosto arriverà in sala il 19 gennaio, distribuito da Good Films, ed è stato presentato a Roma da Bruno Sed, il presidente dell’Ospedale Israelitico e da Marcello Pezzetti, direttore della Fondazione Museo della Shoah. Nebbia In Agosto è il film che Good Films ha scelto per ricordare nella Giornata della Memoria, anche se non parla tecnicamente di Shoah.
Prima ancora di Auschwitz e degli altri campi di sterminio, nell’agosto del 1939 in Germania iniziò una sorta di “eutanasia”, un omicidio di massa di disabili, pazienti di malattie ereditarie e bambini, come racconta senza mezze misure il magnifico film tedesco di Kai Wessel. “Un viaggio in cui Pezzetti ci ha spiegato le implicazioni dei medici nella Shoah, non sono la persona adatta a parlare di etica e medicina, perché non sono né un medico, né un filosofo. L’ospedale dovrebbe fornire la consapevolezza culturale di quello che viene rivolto ai pazienti, abbiamo una sensibilità particolare per quello che riguarda la Shoah”, ha aggiunto Bruno Sed.
Per Marcello Pezzetti, direttore della Fondazione Museo della Shoah, non è corretto parlare di eutanasia: “In questo caso non è il paziente che chiede che gli sia assegnata, ma è un omicidio con fini di propaganda, un omicidio di massa”. Come ha ricordato tutto ha inizio, ironicamente con un film, “Ich klage an (Io accuso) per fare accettare questa che i nazisti chiamano eutanasia alla popolazione tedesca e a tutta Europa”.
Riprendendo un caso di cronaca, quello del bambino Knauer: affetto da gravi malformazioni fisiche e psichiche, il padre scrisse al Hitler per “eliminarlo perché sta soffrendo molto, Hilter decide di procurare questa morte pietosa. Da lì scoppia il caso e si decide di usare l’eutanasia come una bonifica interna all’interno della società tedesca”, spiega Pezzetti.
Dal 1939 iniziò l’uccisione dei bambini, Ernst Lossa, il protagonista di Nebbia in Agosto, era uno di quei bambini, mettendo in atto la T4. “Una sorta di ‘darwinismo sociale’ portato all’ennesima conseguenza. La burocrazia tedesca fa una distinzione fra gli ariani sani, fra positività e negatività. Ci sono malati all’interno del mondo ariano e quelli ‘razzialmente’ malati, per sistemare questo secondo fattore, ci sono i malati di mente e chi soffre di malattie ereditarie e vanno eliminati. Quest’eliminazione avviene con un’operazione quasi pubblica” Ed è “la prima volta che Hitler dà un ordine scritto dell’eliminazione delle persone”.
Un ordine che “dà il permesso ai medici di eseguire la morte pietosa sui pazienti, la cosiddetta T4, il T è Tiergartenstrasse, la centrale di quest’operazione”, puntualizza Pezzetti. “Il mondo dei medici è immediatamente coinvolto, è costante, qui il legame con la Shoah, c’è un collegamento fra quest’operazione, si passerà da quest’eliminazione interna, a quella che coglierà tutti gli ebrei degli ospedali psichiatrici, non sarà più eseguita la distinzione se saranno più o meno bravi, ma più o meno ebrei”.
Si passerà all’operazione, l’Aktion 14f13, “l’eliminazione dei malati, tutti quelli che non avevano capacità lavorativa nei campi di concentramento” e sono gli stessi medici che avevano collaborato per la T4 a metterla in atto e non solo: ci sono gli infermieri, autisti e altro personale.
All’inizio i centri, come quello di Nebbia in Agosto, erano sei, e lì sono stati inviati i pazienti, mandati da tutti gli ospedali psichiatrici della Germania. Per il professor Pezzetti, si dovrebbero visitare. Come avviene per Auschwitz e gli altri campi di concentramento, una visita che, qualche mese fa ha coinvolto lo staff dell’Ospedale Israelitico e del Bambino Gesù.
“Questi luoghi sono ancora oggi dei centri psichiatrici, sono stato ad Hadamar, e ci sono ancora dei disabili mentali che passeggiavano lì, c’è un museo. Una volta lì, si fa un salto di 70 anni, è esattamente come erano allora, la presa di coscienza del passato avviene attraverso quest’operazione”, ha specificato Pezzetti.
Operazione che non avviene in Italia: mentre in Germania “quasi ogni città ha un museo del Nazismo”, in Italia non esiste un corrispettivo sul Fascismo. “Molti di noi pensano che non siano importanti, nella ex Jugoslavia s’inizia a parlarne, anche questo riguarda la Shoah, se non abbiamo imparato dalla Shoah, ha a che fare con l’educazione civica, bisogna fare qualcosa a livello europeo”, ha spiegato.
Uno dei personaggi principali del film è suor Sophie, una religiosa, che in una scena chiede chiarimenti e denuncia le pratiche commesse a un cardinale. “Il ruolo delle chiese in Germania durante il Nazismo della T4 è stato positivo e superiore rispetto all’opinione pubblica, questo porterà Hilter a dire basta. Inizia la T4 decentrata, non si usa più il gas, il medico si circonda di complici: autisti, infermieri”.
“Le chiese sono ideologicamente contro il Nazismo, non hanno mai aderito all’ideologia, i grossi problemi sono nati con questo tema. Le proteste fortissime nei confronti del razzismo ateo o neopagano non sono intervenute nell’antisemitismo. Le Chiese non si opposero alla discriminazione dei Sinti, dei Rom e degli Jenisch”, ha spiegato il professore.
Jenisch era Ernst Lossa, il giovane zingaro “bianco” è stato ucciso anche per questo motivo per il professore Pezzetti. “La Chiesa sarebbe dovuto essere se stessa, ma non l’ha fatto”. È successo anche in Italia: “La propaganda pro-T4 in Italia c’è stata, è nessuno ne ha parlato. I medici che hanno affermato che una razza è inferiore all’altra hanno un alto tasso di responsabilità. Basta leggere La difesa della razza per capirlo”.
Per Pezzetti la figura più emblematica del film è l’infermiera: “Il volto più umano, dolce, attraente, anche erotico rappresenta l’erotismo del nazismo e la sua pericolosità”. L’infermiera Edith ha il volto docile di Henriette Confurius, ma sarà lei ad avere l’idea di confondere il cocktail di barbiturici nel succo di lampone perché se no i bambini non l’avrebbero bevuto.
Saranno in pochi a pagare per i crimini commessi, il processo di Norimberga “non tocca quest’aspetto, si occupa di sperimentazione medica, ma qui non è esistita, qui si sono fatti degli esperimenti sulla tubercolosi. L’eliminazione avveniva in modo diverso, senza gas, ma con la dieta della fame o soprattutto per barbiturici. Il vero medico ha preso tre anni, l’infermiera anche, nessuno paga”.
La giustizia tedesca ha comunque condannato, come il caso di Clauberg, il ginecologo di Auschwitz, non si può dire lo stesso di quella italiana: “Nicola Pende non ha fatto un omicidio specifico, ma il suo operato ha provocato l’eliminazione di centinaia di migliaia di persone. L’operato di un razzista che porta alla distinzione fra buono e cattivo all’interno dell’amministrazione nazi-fascista”, ha spiegato Pezzetti.
La mancanza di giustizia è andata contro soprattutto le vittime italiane, “fra le 70-100 mila vittime di quest’eutanasia decentrata, ci sono stati anche dei lavoratori italiani”. E ci sono anche “vittime che non si sospetterebbe mai: soldati feriti che sono stati uccisi in quest’operazione decentrata” perché divenuti inutili.
Per lo studioso di Shoah un altro elemento ben presente nel film è la radicalizzazione: Lui non esegue degli ordini, è lui stesso a prenderli. “Se all’inizio è titubante, alla fine è colui che decide che quest’operazione debba essere estesa a più persone e lo si capisce da un’immagine senza audio: la carrellata sul piccolo cimitero della clinica”.
Un film da vedere nelle scuole, non solo con i professori di storia, ma anche di biologia. Il film sarà visto il 28 e il 29 dalle famiglie del personale dell’Ospedale e del Bambin Gesù, “Il rischio della visione etica c’è sempre, penso che un Ospedale Israelitico debba avere un senso: portare nell’attività di tutti i giorni nella visione ebraica del mondo mettere l’essere umano a centro di tutto. Noi vogliamo stimolare con questo film la riflessione dei medici”, ha spiegato Bruno Sed.
“È importante sapere che queste cose sono successe e che potrebbero succedere di nuovo se non ci prendiamo la responsabilità che non accadano di nuovo. Possono sembrare delle parole banali, i medici si trovano di fronte a scelte di un certo spessore e bisogna capire l’obiettivo e la responsabilità che hanno sulle loro spalle”, ha concluso Sed.
“Una volta si pensava alla banalità del male – conclude Pezzetti – il male non è mai banale, è qualcosa di voluto che la gente sceglie, come il bene. Quelli che l’hanno scelto ci hanno messo del loro, la loro condotta volontaria purtroppo è il risultato: 250-300 mila morti”. Fra di loro c’era anche Ernst, al centro del bellissimo Nebbia in Agosto.