A Ciambra è il nuovo film diretto da Jonas Carpignano, il regista ha presentato il suo film che ha fra i suoi produttori esecutivi Martin Scorsese. Il giovane regista italo-americano ha girato il suo lungometraggio, presentato a Cannes e in programma al Toronto Film Festival, all’interno di una comunità di rom a Gioia Tauro: la Ciambra.
Martin Scorsese è uno dei produttori esecutivi di A Ciambra, com’è arrivato al film?
“Per me è stato un sogno, tutti me lo chiedono, non so come gli sia arrivata la sceneggiatura. So che ha visto delle foto che ho fatto nella Ciambra negli ultimi anni, ha letto la sceneggiatura e ha visto il corto e poi mi è arrivato il passaparola che lui ci avrebbe dato dei soldi attraverso un fondo che ha creato. Capivo che lui era un produttore, ma non pensavo a lui mentre giravo. Quando abbiamo consegnato il film per Cannes e mi ha detto che l’aveva visto. Ero molto ambizioso, nessuno vuole fare vedere la stesura di un proprio film a Scorsese, non volevo fare un film di merda… Ero molto nervoso, era uno dei miei miti, ma n’è uscita una collaborazione molto bella: mi ha aiutato a cercare l’equilibrio fra il documentarista e la storia”.
Jonas Carpignano ha conosciuto la Ciambra dopo un furto…
“Non mi hanno rubato la macchina e poi sono diventata amico loro! Quando sono stato lì per la prima volta ero nervosissimo, avevo tutta l’attrezzatura del film e dovevo finire il mio primo cortometraggio. All’inizio ero incazzato nero, ma abbiamo fatto il cortometraggio che aveva per protagonista Koudhos Seihon, che ha recitato anche in Mediterranea. A Venezia mi dicono che mi avrebbero aiutato a farlo diventare un lungometraggio. Mi trasferisco a Gioia Tauro, sto con Koudhos e il film non parte… perché non c’erano i soldi. Sono passati i tre anni, stavo uscendo pazzo, e poi ho conosciuto altre persone della Ciambra. Ho sondato il territorio e lì ho conosciuto Pio e così ho avuto un rapporto con la Ciambra, così sono entrato in quel mondo. Tramite Pio ho conosciuto tutta la famiglia: quando entri in questo mondo t’incuriosisce”.
Il personaggio principale di A Ciambra è proprio Pio Amato, un adolescente che ha passato tutta la sua vita nella Ciambra, ma riesce a intessere una relazione con altre persone esterne a questo mondo. Come ha incontrato Jonas?
“Mi seguiva ovunque, aveva 11 anni, una giacca di pelle e fumava. A un certo punto mi giro e gli chiedo perché mi seguisse ed è stato lui a scegliere me e invitarmi dentro la sua famiglia. Questo rapporto con lui è nato subito e per fortuna la sua famiglia ‘sa recitare’”.
A Ciambra sembra un documentario, ma è un film di finzione, com’è stato costruito?
“Conosco loro da cinque anni, molto molto bene da tre anni e mezzo. Ho scritto il film per loro, la sceneggiatura è scritta in modo molto documentarista, io scrivo scene che ho già visto laggiù. Loro dicono sempre cose che hanno già detto, per esempio, la scena della cena. Quando lei parlava dei marocchini, per me era fondamentale vedere come loro vedono gli africani. A una cena ne ha parlato e l’ho subito inserita nel film, ogni volta che andavo lì le chiedevo di ripetere. Anche quando bruciano la rama (il rame), per loro è molto naturale, ma io volevo inserirlo nel film. Volevo dare loro vita all’interno del film”.
Jonas Carpignano non ha incontrato resistenze nella Ciambra:
“Loro non volevano mai farsi vedere in pigiama, i furti e le altre cose che fanno erano molto orgogliosi. All’anteprima a Gioia Tauro, potete immaginare che dopo 91 giorni di riprese ho creato qualcosa, alla fine mi hanno chiesto: perché hai tolto quella scena lì. Per loro è figo far vedere come sono bravi a fare queste cose, loro non si vedono come ladri, per loro è una questione di sopravvivenza, non vogliono nascondere nessuno. Se una persona arriva a chiedere di una macchina rubata, non succede nulla. Loro sono arrabbiati con i giornalisti, tipo Striscia la Notizia, fa un servizio e se ne va. Loro hanno paura di questo: di essere presi in giro, hanno capito che io non ero lì per fare questo. Io vivo con loro, erano sempre aperti a tutto, anche Pio. La scena con la prostituta, per esempio, era pronto a farla. Abbiamo fatto già il cortometraggio, sa che è già la realtà”.
In A Ciambra, il nonno degli Amato pronuncia una frase significativa: Siamo noi contro il mondo. Com’è entrato Jonas Carpignano, un giovane regista italo-americano in questo mondo:
“La forza della comunità è anche il loro limite, secondo me. C’è la sensazione che loro appartengono a una cosa a parte, loro non si tradiscono, hanno una solidarietà che però li limita. Ho portato tutti loro a Cannes, ma anche lì ho sentito la distanza: tra di loro facevano delle cose senza coinvolgermi, a me ha fatto male. Non sarò mai completamente uno di loro, la loro forza è questo limite e per questo non riusciranno mai a integrarsi propriamente con le altre persone del posto”.
A Cannes, A Ciambra è stato presentato nella Quinzaine des Réalisateurs e ha vinto il premio per il Miglior Film Europeo. Il personaggio principale è Pio, l’unico trait-d-union fra le tre comunità, ma non esiste l’happy ending:
“Non sono del posto, per me è molto importante rispettare la loro realtà. Io non voglio trasmettere nessun messaggio al pubblico, voglio solo mostrargli questo mondo. Sarebbe stato ingiusto imporre un messaggio alla fine, se fossi in Khoudos avrei fatto la stessa cosa. Il fatto che non si tradiscono è un limite, ma è anche la forza”.
Anche l’episodio del furto in casa di alcuni calabresi:
“Hanno fatto anche di peggio, dopo che l’hanno fatto non ci si sono più avvicinati. Se guardate le notizie, scoprite che ci sono stati cinque o sei incendi nella Ciambra a Gioia Tauro, non so cosa succede… ma si può immaginare. L’incidente è basato su una cosa avvenuta nel 2002, quello che è successo al ragazzo è stato molto più grave perché c’è stato un omicidio”.
Anche se Pio è “famoso”, non ha mai abbandonato la Ciambra:
“Pio è come un fratello per me, ma lui ha 15 anni ed è in piena adolescenza. Lui ha 15 anni, una ragazza, una macchina e non pensa ad altro. L’ho anche invitato a Roma a presentare il film, ma non vuole venire. Non è neanche all’anteprima del film a Gioia Tauro, a lui non interessa tutto questo. Era a Cannes all’anteprima, il giorno dopo voleva tornare a casa. Sarebbe bello dire che l’abbiamo cambiato, ma non è vero. La sua vita va avanti, si è divertito sul set”.
A Ciambra è anche realizzato da molti amici americani di Jonas, quali sono i suoi modelli?
“Mi sento italiano, ma la mia formazione è americana. Avrei potuto tranquillamente lavorare in America, ma volevo venire qui. Mio nonno era un regista di caroselli, ma mi ha fatto crescere guardando film italiani. Ho visto i film di Visconti a sei, sette anni, io sono cresciuto qua. Quando è arrivato il tempo di dirigere il mio film, volevo venire qua, mi sento più a mio agio qui. Ma sono ovviamente cresciuto anche nei multiplex americani: con Robert Altman queste cose qua. Ho altre influenze”.
Queste influenze si vedono, ma anche la troupe del film è americana: al montaggio c’è Alfonso Gonçalves, che ha lavorato per Paterson e molti altri film di Jim Jarmusch. Come hai lavorato con loro?
“Non ho avuto molta scelta, quando ho iniziato a lavorare qui non conoscevo nessuno. Qui ho lavorato con altre persone, ho lavorato con Spike Lee, ho lavorato con gente romana che non voleva venire a Gioia Tauro a fare il film con due lire. Conoscevo anche molte persone in America, sono andato a scuola con il regista del Re delle Terre Selvagge (Behn Zeitlin) e ho lavorato sul suo set. Tutti i miei amici di quel film si sono resi disponibili per aiutarmi, è nato così perché sono i miei amici. Adesso che abbiamo iniziato a fare quest’esperimento siamo diventati una famiglia”.
Il nuovo progetto a cui lavora Jonas Carpignano coinvolgerà sempre le tematiche di A Ciambra:
“Mi trovo bene a Gioia Tauro, adesso lavoro a un film che parla di una ragazza e del suo legame con il Paese. Il padre trova un lavoro all’estero e lei decide di rimanere lì, è un film che racconta il perché i gioiesi siano attaccati così tanto alla loro terra”.
A Ciambra è anche candidato come miglior film italiano agli European Film Awards, a settembre si sceglierà anche il titolo per gli Oscar, Scorsese può aiutarti?
“Spero che tutti quelli che andranno a vedere Dunkirk, debbano optare per vedere A Ciambra”, scherza il regista visto che il film di Nolan uscirà in sala il 31 agosto in contemporanea ad A Ciambra.
Nel film di Jonas Carpignano il cavallo ha un ruolo importante:
“La loro solidarietà viene dalla tradizione condivisa, per far capire che Pio fa la scelta che cambia il finale, lui lo fa perché sente il peso del passato, renderlo in maniera realistica era difficile. Non possiamo vivere il passato, ma è un peso che portiamo dietro, volevo fare vedere questo rapporto viscerale con il passato senza farmelo spiegare in camera, ecco volevo che fosse un elemento ben presente”.
A Ciambra arriva in sala il 31 agosto, intanto è stato presentato in anteprima a Gioia Tauro:
“Non sono una di quelle persone che dice: il cinema può cambiare il mondo. L’esperienza di lavorare con tante persone internazionali, è stato importante. Tutti vogliono fare un altro film, ma non vedo questo cambiamento. Loro tornano sempre nella Ciambra, Pio viene riconosciuto, ma lui si sente sempre uno zingaro della Ciambra, questo non lo cambi con un’ora di lavoro. Conosco molte persone nella città, hanno solo una sala con 900 posti, abbiamo avuto qualche problema il giorno della prima perché i posti erano limitati. Adesso con il senno di poi, è stato bellissimo, ma non mi sono divertito”.
A Ciambra parla anche della ‘ndrangheta, presente nell’area, come l’ha rappresentata:
“L’ho resa come la vedo, l’idea di questo film non era fare un film di denuncia. La ‘ndrangheta c’è, ma non la senti presente come la camorra, Gioia Tauro è un posto piccolo, c’è, influisce tutto, ma non la vedi mentre cammini per strada. Io c’ho messo tempo a capire che cos’è. È una cosa molto sottile”.
A Ciambra vi aspetta al cinema dal 31 agosto per scoprire un’altra Calabria e un giovane talento del cinema italiano. Da non perdere!