Tra il 2018 e il 2019 è salito del 50% il numero dei minorenni presi in carico dai servizi sanitari
Crescono nel Lazio i casi di dipendenza da cocaina e alcol, soprattutto dai 16 anni in su. Anche se l’età media del primo “uso problematico di alcol” è attorno ai 22 anni, che sale a 24 per le donne. L’uso continuativo avviene invece, generalmente, dopo 7 anni, sia per gli uomini (29 anni) che per le donne (31).
È quanto emerge dalla “Relazione sul fenomeno delle dipendenze nel Lazio”, curato dal Dep (Dipartimento di epidemiologia) della Regione. Secondo cui tra il 2018 e il 2019 è salito del 50% il numero dei minorenni presi in carico dai Scrd, gli ex Sert, i servizi sanitari che si occupano della cura alle dipendenza.
Nel 2019 sono state 952 (30,7% del totale degli assistiti ) le persone con problema di alcolismo entrate per la prima volta in carico ai SerD laziali. Rispetto alle persone con dipendenze da droghe – spiega il Rapporto – tra gli alcolisti si registra una maggior presenza di donne (rapporto maschi/femmine 3 a 1, mentre per le dipendenze da droga il rapporto è di 6 maschi ogni femmina in trattamento).
Sono state 14.208 le persone in trattamento nel 2019 per problemi legati all’uso di sostanze stupefacenti, di cui 13.937 (98%) in carico a un servizio pubblico per le dipendenze (SerD).
Per le droghe, l’eroina rimane nel complesso la sostanza primaria più usata. Per contro, tra nuovi utenti la cocaina viene indicata come sostanza primaria d’abuso in oltre il 36,7% dei casi, mentre gli utenti già conosciuti che utilizzano la cocainacome sostanza primaria sono saliti al 20,6%.
Gli assuntori di cocaina dichiarano che tra il primo utilizzo della sostanza e l’abuso passano mediamente 4 anni.
Le persone che usano sostanze – si legge nell’introduzione al rapporto – che siano o meno in trattamento, sono un sottogruppo di popolazione particolarmente vulnerabile nell’epidemia da virus Sars-CoV-2. Si tratta di una popolazione con condizioni di salute spesso precarie e sovente affetta da comorbidità croniche come malattie respiratorie, del fegato, dei reni o disturbi cardiovascolari. Queste patologie aumentano il rischio di avere un decorso grave dell’infezione da Sars-CoV-2″. Per questo, nelle strategie di controllo dell’epidemia, “si è resa necessaria la massima attenzione nei confronti di questa popolazione”.