La risposta sale al 100% dopo 7 giorni dalla seconda dose. Intanto il nostro Paese punta a smarcarsi dalle aziende straniere accelerando sulla via italiana al vaccino
A 21 giorni dalla somministrazione della prima dose del vaccino anti-SarCov2, il 99% dei vaccinati ha sviluppato anticorpi contro il virus: sono i dati del primo monitoraggio realizzato tra gli operatori sanitari dell’Ospedale Bambino Gesù. Ad oggi, al Bambino Gesù la prima dose è stata data a quasi 3.000 operatori sanitari negativi (mai entrati in contatto col virus), la seconda dose a 1.425. Sette giorni dopo la seconda dose, gli anticorpi sono stati sviluppati dal 100% dei vaccinati valutati, con un titolo anticorpale di circa 1.000 volte superiore alla soglia di negatività, indice di elevato tasso di potenziale protezione.
La risposta sale al 100% dopo 7 giorni dalla seconda dose
Il monitoraggio è stato realizzato tra gli operatori sanitari dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù dall’équipe della Medicina del Lavoro e della struttura complessa di Microbiologia, con il supporto dell’Immunologia clinica e il coordinamento della Direzione sanitaria. Il monitoraggio a 21 giorni dalla prima dose di vaccino Pfizer ha rilevato una risposta anticorpale positiva nel 99% dei vaccinati esaminati, con la produzione di una quantità di anticorpi specifici (titolo anticorpale) 50 volte superiore alla soglia di negatività. Sette giorni dopo la seconda dose, gli anticorpi sono stati sviluppati dal 100% dei vaccinati finora valutati. Positivi i dati anche sul fronte immunologico: a soli 7 giorni dalla prima somministrazione si è registrato un incremento delle cellule B di memoria (quelle che mantengono la produzione di anticorpi nel tempo) nell’80% dei casi e un incremento significativo delle cellule T di memoria (che coordinano l’intera risposta immunitaria contro il virus) nel 64% delle persone vaccinate. Risultati, spiega il Bambino Gesù, che sembrano supportare pienamente i dati epidemiologici: a partire dal 14/o giorno dalla prima dose, cioè successivamente alla comparsa degli anticorpi protettivi e della memoria immunitaria, finora non è stato infatti registrato alcun caso di infezione tra gli operatori sanitari vaccinati.
La via italiana al vaccino: ReiThera
Il nostro Paese punta a smarcarsi dalle aziende straniere accelerando sulla via italiana al vaccino: Invitalia acquisirà una partecipazione del 30% del capitale di ReiThera, che da giugno potrebbe essere pronta per le procedure di approvazione da parte dell’Ema. Cambiano quindi le strategie nei confronti di Pfizer e AstraZeneca. Per quest’ultima è attesa l’autorizzazione in settimana, ma la stessa direttrice dell’Agenzia, Emer Cooke, annuncia al Parlamento europeo la concreta possibilità “che – sempre tenendo conto dell’analisi scientifica ancora in corso – venga emessa un’autorizzazione rivolta ad un gruppo di età o per una popolazione più ampia”. Poi potrebbe essere il turno di Johnson & Johnson, per la cui validazione non è stato ancora fissato un calendario.
L’Italia punta però a “ridurre la dipendenza” dai colossi con Invitalia che entra in ReiThera. Il contratto di Sviluppo prevede un finanziamento da 81 milioni e una parte della quota sarà utilizzata per ampliare lo stabilimento di Castel Romano, dove sarà prodotto l’antidoto. L’obiettivo è arrivare in tempi rapidi alle autorizzazioni di Ema e Aifa, la cui procedure potrebbero partire a giugno, al termine della fase 3 della sperimentazione. E dopo l’ok si passerebbe alla produzione di 100 milioni di dosi all’anno.
Il Lazio apre la strada al patentino vaccinale
Sul tavolo ci sono anche nuove proposte per il Piano vaccini. A metà febbraio il Lazio varerà il certificato per il vaccino anti-Covid, aprendo la strada alla possibilità di una ‘patentino’. Gli uffici della Regione sono al lavoro per mettere a punto un meccanismo che permetta ai cittadini che hanno già completato il ciclo di somministrazioni di scaricare il proprio certificato: attraverso lo Spid si potrà in sostanza accedere all’anagrafe vaccinale e scaricare il documento.