La zona era illuminata e la cittadina, caduta per un avvallamenti su un marciapiede nella centralissima Piazza Venezia a Roma, doveva fare più attenzione. Per questo la Cassazione ha respinto il ricorso della donna anche a pagare all’incirca 10mila euro di spese legali al Comune, alla società assicuratrice e a quella cui era affidata la manutenzione della zona.
La cittadina non è riuscita a far valere le sue ragioni contro il Comune di Roma. La lite infinita con l’amministrazione risale a 17 anni fa. Nel febbraio 2002 la donna stava camminando sul marciapiede a Piazza Venezia e, in prossimità dell’incrocio con via del Plebiscito, è caduta – come sostiene lei – a causa del “dislivello creatosi tra due lastre della pavimentazione del marciapiede”.
In un primo momento la signora aveva anche ottenuto ragione dal tribunale, che ne aveva accolto la richiesta di risarcimento, ma la Corte d’appello di Roma ha ribaltato la decisione: nessun risarcimento è dovuto, perché come ricostruito in foto e dal testimone ascoltato, non vi era alcuna buca ma semplici rotture o frammentazioni delle lastre di pietra e l’illuminazione di piazza Venezie è “ampiamente sufficiente, essendovi fonti di luce aggiuntive che illuminano l’antico Palazzo Venezia”.
Se la donna “avesse prestato sufficiente attenzione alle condizioni del manufatto, avrebbe potuto facilmente evitare la caduta con le negative conseguenze sulla sua salute”. Questo perché non vi erano quelle caratteristiche di “invisibilità o non prevedibilità ed evitabilità” tali da ritenere che vi fosse un nesso di causa tra l’erosione del marciapiede e la caduta. La signora si è quindi rivolta alla Cassazione sostenendo che il Comune ha per legge l’obbligo di provvedere alla manutenzione delle strade e dei marciapiedi. Una affermazione nemmeno presa in esame: anche qui (sentenza n. 4542 della terza sezione civile) i giudici le hanno dato torto, limitandosi a osservare che l’appello ha valutato le prove e ampiamente motivato la decisione.