Da Roma cautela. Un mese per decidere su carte dagli Usa, ultima parola a Nordio
L’Italia sta valutando se ci sono i presupposti per l’estradizione di Mohammad Abedini, il cittadino svizzero-iraniano arrestato all’aeroporto di Malpensa lo scorso 16 dicembre in esecuzione di un mandato di cattura internazionale. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, intervistato a ‘Zona Bianca’ su Rete 4. Gli Stati Uniti chiedono l’estradizione di Abedini, tecnico coinvolto nel programma di droni di Teheran, perche’ lo ritengono coinvolto in un attentato in Giordania nel quale perirono tre soldati statunitensi. In molti ritengono che la giornalista italiana Cecilia Sala sia stata arrestata dalle autorita’ iraniane per ottenere, in cambio della sua liberazione, la scarcerazione di Abedini, attualmente detenuto nel carcere di Busto Arsizio.
Le accuse americane contro Abedini sono gravi (cospirazione e supporto materiale al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica): è forte l’esigenza americana di processare il 38enne davanti a una propria corte e Washington ha già consegnato alla Farnesina la documentazione con la richiesta di estradizione. I tempi per un suo trasferimento non sono brevi, ci vorrà almeno un mese, e di mezzo c’è anche la visita a Roma del presidente statunitense uscente Joe Biden, che incontrerà il Papa in Vaticano il 10 gennaio prossimo. Nulla è scontato in questa vicenda. Sul fermo di Abedini la Procura milanese ha acceso un faro avviando una indagine a modello 45, ossia senza ipotesi di reato e indagati. Un fascicolo, al momento, di natura conoscitiva e che riguarda le procedure, i tempi ravvicinati tra la emissione del mandato di arresto e il fermo dell’uomo avvenuto nel giro di meno di tre giorni: se il fermo fosse dichiarato illegittimo si complicherebbe la strada dell’estradizione rendendo, di contro, più agevole quella diplomatica per una sorta di scambio con Sala. Sulla liberazione della giornalista si moltiplicano gli appelli e gli Stati Uniti chiedono all’Iran il “rilascio immediato e incondizionato” di tutti i detenuti senza giusta causa, inclusa Cecilia Sala, secondo quanto afferma un portavoce del Dipartimento di Stato a La Repubblica. “Sfortunatamente il regime iraniano continua a detenere ingiustamente i cittadini di molti Paesi, spesso per utilizzarli come leva politica. Non c’è giustificazione e dovrebbero essere rilasciati immediatamente”, ha aggiunto osservando che “i giornalisti svolgono un lavoro fondamentale per informare il pubblico, spesso in condizioni pericolose e devono essere protetti”. Gli Stati Uniti sono “in frequente contatto con gli alleati e i partner i cui cittadini sono ingiustamente detenuti”, ha messo in evidenza. In queste ore è intervenuto anche il vice premier Matteo Salvini: “Spero nel ritorno a casa di Cecilia Sala e conto che possa tornare presto dalla sua famiglia”, scrive sui social il ministro, mentre a Torino si è tenuto un sit in organizzato dai radicali davanti alla Prefettura, per chiedere al governo italiano di “intervenire con la massima urgenza” per la liberazione della giornalista detenuta in Iran. “L’ultima cosa da fare è stare in silenzio. Non siamo qui contro il governo italiano, ma gli chiediamo di fare l’impossibile”.