L’Ufficio condono edilizio (Uce) resta chiuso anche col rientro al lavoro degli impiegati e non si sa quando potrà riaprire. L’edificio di via di Decima è stato dichiarato inagibile a causa dell’amianto, ma la bonifica non può partire perché bisogna prima portare all’esterno i faldoni, che sono però da anni nel caos più totale: 180mila le pratiche arretrate, alcune vecchie di 36 anni. A scriverlo è il dorso locale del Corriere, che racconta la crisi dell’Uce, già denunciata più volte prima della pandemia, si è paradossalmente acuita durante il lockdown.
Nell’ufficio di via di Decima, chiuso per le misure anti pandemia – nel frattempo dichiarato inagibile per la presenza di amianto, con sospetti casi di malattia tra gli impiegati – non sono mai partiti i lavori di bonifica e, scrive il Corriere, difficilmente partiranno perché bisognerebbe prima spostare tutti i faldoni qui custoditi.
La ditta vincitrice dell’appalto ha chiesto a propria garanzia una ricognizione completa dei documenti prima di prelevarli e stoccarli altrove e questo ha prolungato sine die un’operazione in sé banale. Perché, come emerso anche dall’inchiesta del giugno 2020 (arenata anche questa? si chiede il quotidiano romano), ai domiciliari un funzionario, un geometra e quattro dipendenti di Risorse per Roma – che ha in cogestione il servizio – 455mila euro sequestrati come presunta prova delle mazzette per velocizzare le pratiche “nell’ufficio condono regna il caos”. Lo disse sconfortato agli inquirenti l’ex direttore Antonello Mori, che aveva provato a mettere ordine prima di essere sostituito da Elisabetta Esposito. La quale ora non risponde a una nostra richiesta di contatto, scrive il Corriere, come già non aveva risposto al presidente del collegio dei Geometri, Maurizio Rulli, quando le scrisse assieme a quello degli Ingegneri, Carla Cappiello, e a quello dei periti industriali, Giovanni De Baggis: “Le nostre Pec a lei, all’ex assessore Montuori e alla sindaca Raggi – dice Rulli - per offrire la nostra collaborazione in una situazione inaccettabile non hanno avuto risposta. Con Gualtieri abbiamo parlato due volte, anche se solo in incontri elettorali, e restiamo a disposizione”. Cosa si potrebbe fare? “Abbiamo tre proposte: digitalizzare l’archivio, innanzitutto: basta qualche scanner. Snellire davvero le procedure, perché quella “in urgenza” in vigore ora è complessa, ha costi aggiuntivi ed è a carico dei cittadini. Infine uniformare le procedure nei Municipi, in modo che i tecnici abbiano un unico quadro di riferimento”.
La verità è che nessuno sa o si arrischia a mettere mano in questi faldoni, forse per paura di quello che ne potrebbe venire fuori. L’archivio è sparpagliato tra Pomezia, Nepi e Viterbo, dove la società estema al quale è stato affidato ha i suoi magazzini. Una difficoltà ulteriore anche solo per la consultazione da parte dei tecnici incaricati, figurarsi per i cittadini che hanno come unico referente il risponditore automatico del sito del Comune. I danni sono evidenti. Per l’utenza, che resta nel limbo. Per l’economia, dato che le pratiche sospese non permettono ad esempio di accedere alle agevolazioni fiscali.