È stato un post durissimo quello riservato da Enrico Stefàno a Virginia Raggi. Come raccontato da Radiocolonna, il consigliere grillino, presidente della Commissione Mobilità ed elemento di spicco del M5S romano ha sferrato un attacco inatteso nei confronti della sua sindaca, che aveva da poco annunciato la ricandidatura.
Il lungo post su Facebook ha ricevuto molti elogi, soprattutto da parte di cittadini e osservatori lontani dal Movimento Cinque Stelle che – a parte le questioni di merito – hanno visto nell’uscita di Stefàno un cavallo di Troia per attaccare frontalmente l’amministrazione Raggi. Tuttavia il post del consigliere grillino, seppur in gran parte condivisibile, presenta varie contraddizioni e problematiche, non per i punti affrontati ma per la strategia comunicativa e politica adottata dallo stesso Stefàno in questi anni di consiliatura.
Premessa: Enrico Stefàno è indubbiamente tra le note positive dell’esperienza dell’amministrazione Raggi nel governo di Roma. Preparato, con spunti e idee coraggiose, è apparso sin da subito un eletto grillino sui generis: pochi copia-incolla propagandistici, pochi piagnistei contro stampa, poteri forti e forze oscure che boicotterebbero il lavoro di giunta e assemblea, ma tanto lavoro e un rapporto costruttivo con gli elettori.
Tuttavia, dopo una prima lettura del post in cui non si può non provare un sincero compiacimento per il coraggio e il senso critico di Stefàno sul lavoro del M5S romano, una seconda e una terza lettura permettono di cogliere alcune contraddizioni. Scrive il consigliere in un passaggio: “Ci (ri)presentiamo ai cittadini con i post “trionfanti” di strade asfaltate, alberi potati, ceppi tagliati, panchine riparate e roba simile? Ovvero l’ordinaria amministrazione?”.
Eppure è lo stesso Stefàno che in questi anni ha riempito la propria bacheca Facebook di post in cui si celebrava quella che sarebbe dovuta essere l’ordinaria amministrazione, sui temi della mobilità, per una città come Roma. Quindi giusto (auto)criticare la tendenza a incensare interventi ordinari – con post spesso grotteschi per ogni strada o intersezione asfaltata – ma Stefàno, in questi anni, ha contribuito attivamente a questa impostazione comunicativa, incensando il lavoro rivoluzionario di un amministrazione che ora definisce “senza una visione e un’idea di città”.
Secondo punto. Lo sfogo di Stefàno, in questi termini, ricorda quello di Pasquale Amitrano (alias Carlo Verdone) in Bianco Rosso e Verdone (1981), dove un emigrante italiano nella Germania dell’Ovest torna in Italia per votare. Durante il viaggio subisce angherie e disavventure e infine, al seggio – ormai stanco e malconcio – sbotta con un monologo difficilmente comprensibile. Ecco, l’uscita di Stefàno rischia di causare lo stesso effetto: duro, dirompente, ma poco comprensibile e quasi autodistruttivo per tempi e modalità. Forse, forte anche del proprio prestigio e notorietà pubblica, sarebbe stato opportuno fare qualche piccola, misurata e graduale critica pubblica ‘dall’interno’ all’attuale amministrazione, evitando in principio di sembrare ‘’yes-men” della sindaca, poi di apparire bipolari con uscite a freddo come questa. Perché dire, per anni, che va tutto benissimo è inutile, se poi l’epilogo è cruento e rischia di delegittimare anche il proprio lavoro.