Giovanna Vitale per La Repubblica Roma
Il primo numero di telefono digitato da Roberta Lombardi uscendo dagli uffici della Procura, dove sabato scorso l’aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Francesco Dall’Olio l’hanno sentita come persona informata dei fatti, è quello di Beppe Grillo. È a lui, al capo politico del Movimento, che la deputata romana rivela tutta la sua preoccupazione per il nuovo faro acceso dagli inquirenti sul “Raggio magico”: relativo, stavolta, al dossier confezionato a fine 2015, in piena campagna per le comunarie cinquestelle, contro Marcello De Vito, lo sfidante più temibile dell’avvocata di Ottavia e del fido scudiero Daniele Frongia, che infatti un paio di mesi dopo si ritirò dalla consultazione avviata fra gli attivisti per individuare il candidato sindaco e fece convergere i suoi voti su di lei.
È in ansia, la parlamentare. Teme che questo ulteriore filone di inchiesta possa innescare una slavina in grado di dare il colpo di grazia alla già pencolante giunta capitolina, rimasta miracolosamente in piedi – sebbene rimaneggiata – dopo l’arresto di Raffaele Marra. Troppe le domande cui Lombardi ha dovuto rispondere. A spettro assai più ampio rispetto all’indagine per cui formalmente è stata convocata a riferire. Innescata dall’esposto presentato il primo luglio 2016, otto mesi prima, dal senatore di Idea Andrea Augello, che sulla scorta di alcuni articoli di stampa ricostruiva il “processo” interno intentato dagli ex consiglieri grillini Frongia, Raggi e Stefàno contro il collega De Vito, promotore di un accesso agli atti per una pratica edilizia che – secondo gli accusatori – poteva configurare il reato di abuso d’ufficio. Un processo in più fasi, al quale – fra dicembre 2015 e gennaio 2016 – vennero chiamati ad assistere svariati parlamentari (da Di Battista a Carla Ruocco e Paola Taverna) oltre che numerosi esponenti territoriali del Movimento.
E a nulla valsero le giustificazioni di De Vito, che si difese sostenendo che quella richiesta di accesso agli atti era del tutto lecita, sollecitata dagli avvocati grillini della Regione Lazio allo scopo di verificare una segnalazione su presunti illeciti arrivati alle loro orecchie. L’improvvisato “tribunale del popolo” sollevò tali e tanti sospetti sull’attuale presidente dell’assemblea capitolina, che la sua candidatura a sindaco venne irrimediabilmente compromessa. Scatenando una ridda di ipotesi e di veleni sull’autore occulto del dossier, da molti poi identificato – ma sempre a mezza bocca per paura di ritorsioni – in Raffaele Marra, l’uomo che dopo la presa grillina di Roma divenne vice-capo di gabinetto e potentissimo braccio destro della sindaca.
Probabilmente, è il sospetto dei pm, una delle ragioni per cui Raggi ha legato il suo destino politico e personale a quello dell’ex capo delle Risorse Umane finito in galera per corruzione: indizio di un possibile ricatto, ancora tutto da provare, però. Non è allora un caso se, il giorno successivo all’audizione di Lombardi, in Procura sia stato ascoltato pure De Vito. Mentre quello dopo ancora, lunedì, è toccato a Gianluca Perilli, consigliere regionale nonché componente del minidirettorio romano, e all’avvocato del gruppo 5S Alessandro Canali. Tutti chiamati a ricostruire la vicenda dossieraggio e a fornire chiarimenti sul modus operandi dei grillini in campagna elettorale.
Una raffica di convocazioni che ha fatto scattare l’allarme rosso lungo la direttrice Genova-Milano. La tesi, finora andata per la maggiore, secondo cui sia stata l’arcinemica di Virginia Raggi ad alimentare il terrorismo giudiziario intorno a lei, non regge più. Al punto che i vertici del Movimento si starebbero ora predisponendo a far scattare il piano B, quello già studiato all’indomani dell’arresto di Marra, poi non andato in porto per l’ostilità della sindaca. Ovvero rafforzare politicamente la giunta con un vice che non sia tecnico come Luca Bergamo bensì cinquestelle doc, non bastando gli uomini di fiducia di Grillo e Casaleggio (Colomban alle Partecipate e Montanari all’Ambiente) che sono altrettanto tecnici, non eletti e neppure romani. Un uomo della base, riconosciuto e riconoscibile, che ha fatto tutta la gavetta dentro il Movimento e infine premiato con una valanga di preferenze. Identikit che porta dritto a Marcello De Vito. Il protegé di Lombardi, bestia nera di Raggi.