“Per molti esercizi con i rincari generali, e soprattutto con quelli del settore energetico, si potrà andare avanti stringendo un po’ la cinta e lavorando sui margini interni di guadagno però poi con i pagamenti indotti dall’attività per mandare avanti l’esercizio o l’azienda il “peso” sarà scaricato inevitabilmente sul consumatore”. Romolo Guasco, direttore della Confcommercio Roma, in un’intervista sul dorso locale del Messaggero, traccia uno scenario sugli effetti che l’aumento generale dei prezzi per le materie prime genereranno nel prossimo futuro sia sulle attività commerciali e sui pubblici esercizi – bar e ristoranti – sia sui clienti e, dunque, sui consumatori.
Dottor Guasco partiamo da un punto: c’è il rischio secondo lei di trovarsi di fronte ad azioni speculative?
“In questi casi le speculazioni sono sempre in agguato ma a Roma almeno credo sarà difficile metterle in atto”.
E per quale motivo?
“Per l’enorme offerta esistente. Mi spiego meglio: anche laddove fosse messa in atto una tentata speculazione essa sarebbe fermata all’istante dal consumatore che ha di fronte comunque un panorama variegatissimo per quanto riguarda l’offerta”.
Tuttavia le piccole attività, quelle di quartiere ad esempio, che contano su una clientela fidata e datata potrebbero alzare i prezzi senza perdere i clienti.
“Potrebbero certo farlo, provando così a bilanciare le perdite ma sul lungo periodo non gli converrebbe proprio per quanto detto prima: a Roma l’offerta quale che sia il bisogno da soddisfare è molto ampia, speculare non conviene a nessuno anche se, ribadisco, l’aumento dei prezzi alla fine peserà sul consumatore”.
Esiste un codice deontologico? Qualcosa che possa in qualche modo fungere da monito nella categoria?
“La Confcommercio ha un suo codice etico che riguarda l’onestà dell’imprenditore e dunque i comportamenti da seguire in azienda, nei confronti dei dipendenti. Il consiglio che mi sento di dare alla categoria tutta è di evitare tentativi speculativi”.
Avrà sicuramente visto ciò che sta accadendo nel settore ittico, con i pescatori in sciopero.
“Dobbiamo partire da un antefatto che è quello della pandemia da Covid. Con il lockdown il settore ortofrutticolo e quello della carne hanno tenuto maggiormente l’urto delle chiusure dirottando le materie da vendere nei mercati. Se non si poteva andare a ristorante la gente ha comunque acquistato e cucinato in casa. Per il settore ittico questo automatismo non c’è stato e le dirò di più”.
Prego.
“Temo che questa guerra e i rincari sui beni avranno dei risvolti sulla piccola e media impresa peggiori di quelli provocati dalla pandemia”.
Potremmo fare una classifica dei beni che secondo lei hanno registrato l’aumento maggiore dei prezzi?
“Sicuramente il settore energetico che ha delle ripercussioni generali su tutta la filiera produttiva e poi è sotto l’occhio di tutti il rincaro del grano e dunque su tutto il comparto di farine, pane, pasta e qua n t’altro. Le grandi aziende hanno naturalmente delle scorte a cui attingeranno nell’immediato ma sul lungo periodo la carenza delle importazioni, penso ad esempio al grano dall’Ucraina, provocherà dei danni. Un conto è dire poter fare a meno del gas russo tra qualche tempo un conto è dire l’Italia, il Lazio possono fare a meno del grano straniero”.