parente vittima sviene in aula
“Quando ci siamo trovati frontalmente ai due, abbiamo tirato fuori il tesserino dicendo di essere carabinieri”. E’ un passo del racconto reso alla prima corte d’assise da Andrea Varriale, collega di Mario Cerciello Rega la notte del 26 luglio 2019 ucciso da diverse coltellate sferrate dall’americano Finnegan Elder sotto processo assieme al connazionale Gabriel Natale Hjorth. “Dopo esserci qualificati – e’ il ricordo di Varriale – ho riposto in tasca il tesserino. Mario ha fatto la stessa cosa. Abbiamo fatto quello che facciamo sempre. Loro non avevano nulla in mano. Noi andavamo ad identificare due persone. I due ci hanno immediatamente aggrediti. Io fui preso al petto da Natale e rotolammo in terra. Allo stesso tempo sentivo Cerciello che urlava ‘fermati, carabinieri’, aveva una tono di voce provato”. L’aggressione, stando al testimone, e’ durata poca secondi.
Varriale, ad un certo punto, preferisce lasciare andare il suo aggressore: “Ero preoccupato per le urla di Mario. Alzo la testa e vedo lui in piedi che mi dice ‘mi hanno accoltellato’ e poi crolla a terra. Mi sono tolto la maglietta e ho provato a tamponare la ferita, ma il sangue usciva a fiotti. Ho chiamato subito la centrale per chiedere una ambulanza”, conclude Varriale.
Prima che prendesse la parola Varriale, l’udienza e’ stata interrotta per un po’ per consentire l’intervento in aula del medico interno al tribunale. Il suocero di Cerciello, infatti, ha accusato un malore durante l’ascolto dell’audio della telefonata fatta dal collega del vicebrigadiere che chiedeva i soccorsi dopo l’aggressione dei due imputati.