Pamela: Pg, ergastolo per Oseghale senza attenuanti

Processo Appello. Madre, mi dica la verità. Sentenza 16 ottobre

Innocent Oseghale uccise a Macerata la 18enne romana Pamela Mastropietro con due coltellate il 30 gennaio 2018 e ne fece a pezzi il corpo occultandolo poi in due trolley abbandonati sul ciglio di una strada a Pollenza. Sono “certezze processuali”, secondo la Procura generale di Ancona, quelle per cui la Corte d’assise d’appello dovrebbe confermare la condanna all’ergastolo per il 32enne pusher nigeriano imputato di omicidio volontario aggravato dalla violenza sessuale, distruzione e occultamento di cadavere.

Le conclusioni dopo oltre tre ore di requisitoria suddivisa tra il pg Sergio Sottani e il sostituto pg Ernesto Napolillo: per l’accusa Oseghale approfitto’ delle condizioni di fragilita’ di Pamela – affetta da disturbo borderline e scappata il giorno precedente da una comunita’ di recupero a Corridonia – e dall’assunzione di eroina che si era procurata tramite l’imputato da un altro pusher, per consumare un rapporto sessuale non protetto; la circostanza avrebbe innescato la reazione della giovane e indotto il 32enne ad ucciderla per ‘zittirla’ ed evitare cosi’ una denuncia. Accanto alle “certezze” fornite da indagini e consulenze medico-legali ritenute ineccepibili, Napolillo ha ricordato anche le zone d’ombra, invitando l’imputato, definito “acrobata della menzogna”, a chiarirle: dall’abbandono dei trolley quasi per “trasferirli” e non per “occultarli” alle parti di cadavere mai ritrovate, alla siringa da 2,5 ml che sarebbe stata utilizzata da Pamela per assumere eroina, diversa da quella comprata in farmacia (5 ml) prima di salire nella mansarda abitata dal 32enne in via Spalato 124, dove venne uccisa.

Le modalita’ di depezzamento usate, ha detto il sostituto pg, non hanno precedenti nella criminologia mondiale. Oseghale – in aula scortato dalla penitenziaria, con gli avv. Simone Matraxia, Umberto Gramenzi, e l’interprete in inglese – rendera’ dichiarazioni spontanee il 16 ottobre quando la Corte dovrebbe pronunciare la sentenza: dice di non aver ucciso Pamela, di aver avuto con lei un rapporto consenziente in un sottopasso; afferma che lei mori’ per overdose ma ammette di averne smembrato il corpo. La difesa vorrebbe un’altra perizia medico legale per dimostrare che non vi fu un omicidio: per l’avv. Matraxia, che ha svolto la prima parte dell’arringa, le accuse di omicidio e violenza sessuale “non stanno in piedi”; il legale ha invitato la Corte a riconsiderare tutti gli elementi in giudizio prima di decidere.

La famiglia di Pamela, rappresentata dall’avv. Marco Valerio Verni, zio della ragazza, ritiene che Oseghale l’abbia violentata, approfittando del suo stato di minorata difesa, di una psiche soggetta a mutamenti, e l’abbia uccisa, facendo a pezzi il cadavere poi con l’aiuto di complici (le accuse ad altri due nigeriani sono state pero’ archiviate): chi la incontrava, ha rimarcato il legale di parte civile, secondo gli esperti poteva capire in pochi minuti le sue difficolta’. “Un giorno vorrei parlarci, – ha detto di Oseghale, a margine dell’udienza, Alessandra Verni, madre di Pamela – deve dirmi, guardandomi negli occhi, cos’e’ successo e dire chi sono i suoi complici. Si dice pentito, piange? Anch’io piango ma non sono come lui, non riuscirei a fare del male”.

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