Roma ricorda il rastrellamento del ghetto ebraico, avvenuto il 16 ottobre di 81 anni fa. Il 16 ottobre 1943 era un sabato, giorno di riposo per gli ebrei che si apprestavano a celebrare la festa di Sukkot: i nazisti sorpresero all’alba le famiglie nelle loro case. Dalle 5:30 alle 14:00 furono arrestati oltre 1.200 ebrei.
Il grande rastrellamento ebbe il suo epicentro nell’antico Ghetto ma fu eseguito anche in vari altri quartieri della città. Gli arrestati restarono per due giorni rinchiusi al Collegio Militare di via della Lungara. Poi, vennero fatti salire a forza su un treno merci alla stazione Tiburtina e deportati verso il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, dove furono i primi 1.023 ebrei italiani ad arrivare. Nel 1945, alla fine della guerra, di quel convoglio tornarono vivi solo in 16.
Per ricordare gli avvenimenti di quella giornata, ieri sera si è tenuta una commemorazione nel quartiere ebraico della Capitale. Diverse persone si sono raccolte in largo 16 ottobre 1943. In tanti hanno retto cartelli con sopra scritti i nomi di alcuni dei campi di sterminio: Auschwitz, Birkenau, Theresienstadt, Ravensbrück, Risiera di San Sabba, Mauthausen, Sachsenhausen, e Treblinka si leggeva su alcuni cartelli. Sul palco, allestito per l’occasione, hanno preso la parola diversi esponenti delle istituzioni. Alla cerimonia hanno partecipato il presidente della Comunità ebraica di Roma, Victor Fadlun, il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, l’assessore ai Servizi sociali della Regione Lazio, Massimiliano Maselli, il fondatore della comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, il Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni, e Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino.
“Il 16 ottobre resterà sempre una frattura irriducibile della storia di Roma, e per questo è nostro dovere ricordare gli abomini subiti dai nostri concittadini – ha affermato il sindaco Gualtieri -. L’anno scorso, in occasione dell’80mo anniversario, abbiamo ricordato il rastrellamento con diverse iniziative. Un grande momento di memoria collettiva partecipata da tutta la città e che ha aiutato tanti romani e giovani a confrontarsi con la crudezza dei fatti di inaudita violenza, uscendo dalla racconto storico e dalla freddezza dei numeri. Sono stati 16 i sopravvissuti su 1023 tra i romani deportati, di cui circa 200 bambini. Numeri terribili che non riusciranno a rendere pienamente l’orrore e l’unicità di ciò che accadde. Sentiamo forte l’esigenza di recuperare dal passato e trasmettere alle nuove generazione la sostanza umana dei nostri concittadini sommersi dall’odio razziale e rivelare il volto mostruoso di chi mise in atto o tollerò quell’azione inaudita”, ha concluso Gualtieri.
“Il 16 ottobre del 1943 si è compiuto uno dei crimini più efferati della storia italiana. Alle prime ore del mattino i nazisti, con la complicità dei fascisti, fecero scattare nella Capitale una spietata caccia all’uomo – ha sottolineato l’assessore Maselli -. È nostro dovere immedesimarsi anche oggi nella loro paura, nella loro disperazione, questo è l’unico modo per mantenerli vivi nel nostro ricordo e per educare le giovani generazioni alla tolleranza e al rispetto. Penso a Piero Terracina e a Settimia spizzichino, unica donna tornata da quel viaggio verso la morte e.che ebbe la forza etica il coraggio civile di raccontare l’abisso da cui è riuscita a risalire. Dobbiamo dire che quanto avvenuto fu prodotto dell’odio razziale, di una politica e di leggi folli, dell’egoismo e del silenzio, che dobbiamo combattere perché una simile vergogna non si ripeta”, ha concluso Maselli.
“Per me questa è una sera difficile, come lo è per tutta la mia comunità – ha affermato il presidente della Comunità ebraica di Roma, Victor Fadlun -. La Comunità ebraica di Roma e la comunità di Sant’Egidio c’è da molti anni un’amicizia, un’assonanza morale e spirituale. Il segno concreto di un dialogo, basato su valori universali. Sono grato che questa amicizia si sia rafforzata negli anni e arricchita. Il nostro è un cammino comune, e sono grato alla comunità di Sant’Egidio per aver sempre mantenuto l’impegno, ogni 16 ottobre, di celebrare la memoria degli ebrei di Roma rastrellati e deportati. Le nostre comunità sono profondamente radicate a Roma, e rappresentano tanto per questa città”, ha concluso Fadlun.
Questa manifestazione di memoria compie 30 anni – ha affermato Andrea Riccardi, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio -. Un’idea concepita dalla memoria del rabbino capo Elio Toaff con la Comunità di Sant’Egidio, e che hanraccolto generazioni di romani, giovani, e tanti non italiani avviati a ricordare e anche a esseri amici degli ebrei. L’odio gira, oggi ci troviamo in un tempo in cui la guerra, in tanti scenari, è stata riabilitata come unico strumento per risolvere i conflitti, segnando dolorosamente morti su morti. Il terrorismo si è strutturato in maniera pesante e barbara, la diplomazia sta vivendo una stagione di debolezze e fragilità. Allora si potrebbe dire che il 16 ottobre è passato e altri sono i problemi di maggiore entità. Ma non credo che dobbiamo perdere la memoria. Anzi, dobbiamo ravvivarla e allargarla”, ha concluso.
Presente alla manifestazione anche Emanuele Di Porto, chiamato “il bambino del tram”, che ha raccontato la sua storia: “Il 16 ottobre del 1943 avevo 12 anni, abitavo nel cuore del ghetto, e ho visto mia madre presa dai tedeschi e buttata su un camion. Mia madre mi faceva cenno di andarmene, ma un tedesco mi ha preso e buttato sul camion. Mia madre però mi ha spinto ed è riuscita a farmi uscire dal camion. Sono poi salito su un tram, alle 6 di mattina, e il bigliettaio mi ha accolto e mi ha dato poi da mangiare. Sono rimasto nel tram per due giorni e due notti. Sono poi tornato da mio padre, che quando mi ha visto si è messo a piangere, e dai miei fratelli.