Niente di digitale, soltanto piccone, fiamma ossidrica e trapani a manovella. Con questi attrezzi la banda del buco, nella notte tra il 2 e il 3 ottobre dello scorso anno, mise a segna un colpo da 800mila euro in una gioielleria Di Propezio in via Bocca di Leone a Roma. I malfattori agirono senza neanche entrare nella gioielleria, ma tagliando la parte retrostante della cassaforte, quella che poggiava sul muro forato dall’esterno. Tre mesi di indagini svolte dai carabinieri della stazione di San Lorenzo e Lucina, coordinati dal gruppo specializzato della Procura di Roma che si occupa di reati gravi contro il patrimonio, con a capo il procuratore aggiunto Giovanni Conzo, ha permesso di risalire agli autori materiali, al palo, finanche ai ricettatori. In tutto sono state otto le misure cautelari eseguite questa mattina dai militari; per quattro di loro è scattato l’arresto. Della banda facevano parte anche tre donne. E’ nel cuore di Roma che il gruppo ha agito facendo quello che in gergo è definito un “lavoro pulito” lasciandosi dietro, il buco in un muro, una cassaforte scardinata, e un ammanco in oggetti preziosi per 800mila euro.
Il buco in questione venne scavato nel muro che delimitava la gioielleria da un attiguo locale. Poi la cassaforte e la fuga. Le indagini hanno permesso di ricondurre la responsabilità del furto a tre uomini, due dei quali, finiti in carcere perché autori materiali del “buco”, e uno, finito ai domiciliari, con mansioni da palo. Si tratta di un 65enne romano, già coinvolto in indagini per furti in appartamenti e gioiellerie portati a termine con la “tecnica del buco” e con l’utilizzo di fiamma ossidrica nel 2004 in una villa a Porto Cervo, nel 2006 in una gioielleria di Terni, nel 2016 e 2020 in appartamenti a Roma; due fratelli romani, di 57 e 55 anni, il primo esperto nel settore delle serrature e già noto perché coinvolto in analoghe indagini e il secondo incensurato, insospettabile. Inoltre è stato possibile ricostruire la “monetizzazione” della refurtiva conseguita attraverso tentativi di vendita, oppure mediante la stipula di polizze e consegna in pegno a società specializzate o “Compro Oro”.
I militari, infatti, hanno raccolto elementi indiziari in relazione ad una donna, finita in carcere, perché gravemente indiziata di ricettazione e riciclaggio in quanto stipulava polizze di pegno con gli oggetti preziosi rubati, ricevendo denaro contante. Delineati anche i ruoli di altre quattro persone, due uomini e due donne, raggiunte dall’obbligo di presentazione in caserma, indiziate di essere ricettatori, perché acquistavano o comunque ricevevano nella consapevolezza della provenienza delittuosa, monili provenienti dal furto alla gioielleria di via Bocca di Leone. Nel corso delle indagini i militari hanno ricostruito anche le fasi dello studio e la progettazione del colpo. Sono stati ricostruiti almeno 5 sopralluoghi notturni immortalati dalle telecamere, nell’androne condominiale della palazzina al civico 43, confinante con l’oreficeria. Le immagini acquisite durante le indagini hanno permesso di collocare il furto tra le ore 1:02 e le ore 3.52 del 3 ottobre 2023.
All’individuazione degli indagati si è giunti attraverso la visione certosina dei filmati e dei relativi fermo immagine che hanno consentito di ricavare elementi importanti e particolari, nonché attraverso la consultazione delle banca dati e alla comparazione dei cartellini foto-segnaletici di oltre centocinquanta soggetti con precedenti, già registrati quali autori di delitti dello stesso tipo. L’analisi dei tabulati e le indagini tecniche, tra le quali attività tecniche e l’utilizzo di alcuni apparecchi localizzatori Gps installati sulle autovetture degli indagati, ha consentito di delineare un quadro investigativo tale da consentire di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico dei tre uomini. Nel corso delle indagini, la Procura della Repubblica di Roma ha disposto 13 decreti di perquisizioni locali e personali che hanno consentito il rinvenimento di numerosi gioielli, in parte provento del furto oggetto di indagine e in parte riconducibili ad altri furti per i quali sono in corso accertamenti.
Nella stessa circostanza sono stati rinvenuti una ingente e sofisticata strumentazione tecnica di alto livello, chiavi rudimentali auto costruite e diverse centinaia di chiavi da duplicare (grezze), attrezzatura idonea alla fedele riproduzione di qualsiasi tipo di chiave cilindro europeo incluso, fiamme ossidriche, “piedi di porco”, endoscopio auricolare Wi-fi (telecamera di piccole dimensioni utilizzata per ispezionare l’interno delle serrature), 15mila euro in contanti, ventose di grosse dimensioni idonee a trasportare pesanti lastre di cristallo e parte dell’abbigliamento indossato durante i sopralluoghi e il furto nella gioielleria di via Bocca di Leone. L’approfondimento delle indagini ha consentito dunque di identificare un gruppo di persone ben conoscitrici del territorio e degli obiettivi da colpire con competenze specifiche attribuite ad ognuno. Subito dopo il furto, gli autori, dividevano il bottino che da alcuni era intascato immediatamente, mentre da altri era affidato a fedeli e testati ricettatori che vendevano “porta a porta”; in altri casi, la refurtiva, era “monetizzata” impegnandola in società specializzate oppure ceduta a “Compro Oro” qualora gli oggetti fossero destinati alla fusione per ricavarne piccoli lingotti.
La condotta finalizzata a rendere difficile l’accertamento della provenienza dei beni, attraverso la stipula di polizza di pegno aventi a oggetto i monili compendio del furto ricevendo denaro in contante, ha legittimato la Procura della Repubblica a contestare, oltre al reato di ricettazione, anche quello più grave di riciclaggio. Gli importanti oggetti recuperati e sequestrati tra gioielli, pietre preziose, brillanti, orologi di valore ammontano a circa 400 pezzi, in parte sono stati riconosciuti dal proprietario della gioielleria mentre per gli altri proseguono gli accertamenti dei carabinieri per risalire ai proprietari ai quali poterli restituire. Da evidenziare infine che su richiesta della Procura della Repubblica di Roma, il Giudice per le indagini preliminari ha disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, di monili e gioielli di elevatissimo valore, nella disponibilità degli indagati, in quanto sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati, rinvenuti dai Carabinieri e sottoposti a vincolo reale, per un valore pari a 120mila euro.