Da quello che riporta il Messaggero a Roma partano i test sierologici disponibili negli studi privati.
A vederlo da una certa angolazione, è un fenomeno che rischia di rompere il fronte nella lotta per il contenimento del Covid-19.
Da giorni in tutta la Capitale si stanno diffondendo i laboratori privati di analisi cliniche – ma accreditati con il Servizio sanitario regionale e nazionale – che effettuano test sierologici a pagamento per rinvenire, attraverso l’esame del sangue, e il conteggio delle immunoglobuline (IgG e IgM) la presenza o meno del Sars-Cov-2.
C’è un via libera ufficiale da parte della Regione Lazio? No. Di più.
Il ministero della Salute tramite la circolare 11715 del 3 aprile scorso ha chiaramente scritto: «Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità sebbene l’impiego di kit commerciali di diagnosi rapida virologica sia auspicabile e rappresenti un’esigenza in situazioni di emergenza come quella attuale, gli approcci diagnostici al momento tecnicamente più vantaggiosi, attendibili e disponibili rimangono quelli basati sul rilevamento del virus in secrezioni respiratorie attraverso metodi di RT-PCR». Ovvero del tampone naso-gola.
Nessun divieto certo, è stato espressamente decretato per i laboratori privati ma al contempo si è precisato come i test sierologici non diano al momento alcuna certezza.
Eppure le strutture lavorano e incassano. Perché questi test vengono fatti a pagamento senza che ci sia un tariffario univoco. Da 40 fino a 120 euro se il prelievo viene fatto a casa da un infermiere.
Certezze e affidabilità a parte questo è una ulteriore “defezione” della sanità pubblica che crea un nuovo varco nel quale si inserisce l’assistenza privata che, molte volte è inadeguata e “ingannevole”. (ndr. A.R.)