Il governo intende stare al fianco dei sindaci e dei comuni. Anche quelli piccoli (che in Italia sono oltre cinquemila): quei comuni, spiega il loro rappresentante nell’ANCI, che “non ce la fanno più”. L’impegno è del presidente del Consiglio. Un impegno che il premier assume nell’Aula di Montecitorio piena di primi cittadini di tutta Italia con la fascia Tricolore, chiamati quest’anno dal presidente della Camera Roberto Fico a confrontarsi sul tema dei beni comuni. E, mentre nell’Emiciclo si parla dell’argomento all’ordine del giorno, primo fra tutti per Fico quello dell’acqua pubblica, (su cui Conte auspica un “sereno e proficuo confronto”), il “convitato di pietra” è il tema dell’autonomia: toccato con veemenza dai primi cittadini di Treviso e di Firenze.
Con due punti di vista diametralmente opposti. Dal un lato il sindaco trevigiano difende a spada tratta le istanze autonomiste del veneto chiedendone l’applicazione anche nel Sud; dall’altro, il primi cittadino del capoluogo toscano pone tutta una serie di paletti. Un tema che il presidente del Consiglio tiene alla larga. Anche se Matteo Salvini, dalla Sardegna, non molla: “Ci sono tante Regioni nuove che stanno chiedendo autonomia, fortunatamente anche al Sud. Se c’è bisogno di più regioni e di coinvolgere il Parlamento per fare le cose per bene, siamo pronti ad ascoltare tutti”, ribatte il leader della Lega al premier secondo cui per la riforma serviranno mesi. Mentre il ministro per le autonomia Erika Stefani spiega che i “testi” approvati “contengono il frutto di un lavoro serio, ponderato e pesato nei dettagli e fatto tra le regioni e tutti i ministeri competenti”.
“I testi ci sono – prosegue il ministro -, quello che manca per giungere alla firma dell’intesa e’ un accordo su importati nodi specifici che si sono generati tra i ministeri di Infrastrutture, Salute, Ambiente e Beni culturali su alcune richieste avanzate da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna”.
Roberto Fico riconosce che i comuni “sono l’avamposto delle istituzioni sul territorio. Sono gli enti locali a cui i cittadini si rivolgono in prima istanza per chiedere l’erogazione dei servizi essenziali e il soddisfacimento dei bisogni primari”: per questo, puntualizza, “vanno ‘armati’ dal punto di vista finanziario, legislativo e delle competenze”. E ribadisce “la necessità di un dibattito sullo statuto dei beni comuni e sulla valorizzazione e la tutela dei beni pubblici da parte delle amministrazioni competenti”: un tasto su cui lo segue il presidente del Consiglio, secondo cui “sui beni comuni bisogna costruire una terza via senza schiacciare la categoria esclusivamente a quella dei beni pubblici. E’ necessario costruire strumenti istituzionali per individuare i beni comuni che permettano l’accesso ai servizi fondamentali come il diritto all’acqua”. E il presidente dell’ANCI Antonio De Caro sostiene come il Parlamento debba “pensare a una norma che possa mettere in grado di partecipare ai cittadini alle scelte che li riguardano”. Antonio Decaro chiude lancia un monito proprio sull’autonomia:”non deve mettere in crisi l’unità giuridica e quella finanziaria del Paese. Non si deve rischiare di aumentare il gap”.