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Spada e Casamonica, le maxi operazioni dopo episodi che hanno indignato l’opinione pubblica

I blitz sono avvenuti dopo lo sdegno provocato dalla testata di Roberto Spada e in seguito all’aggressione dei Casamonica al bar della Romanina: un caso?

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Ieri Roma s’è svegliata con una maxi operazione notturna che ha disposto la misura cautelare per oltre 30 persone, molte delle quali appartenenti alla nota famiglia dei Casamonica.

Per oltre la metà degli arrestati l’accusa è l’associazione a delinquere di stampo mafioso, un inedito per la famiglia sinti.

Un risveglio analogo c’era stato a gennaio scorso, quando una maxi operazione di polizia giudiziaria a Ostia aveva portato all’arresto di 32 persone legate o affiliate alla famiglia Spada. Anche qui, ad alcuni degli arrestati è stato contestato il 416bis, l’associazione a delinquere di stampo mafioso.

Cosa lega queste due grandi operazioni?

Entrambe sono avvenute a seguito di due fatti di cronaca che hanno sconvolto l’opinione pubblica.

Il 7 novembre 2017 Roberto Spada colpiva con una violentissima testata l’inviato di Nemo Daniele Piervincenzi. Due mesi e mezzo dopo, il 25 gennaio 2018, la maxi operazione di Ostia.

 

Il 7 maggio 2018 usciva un video – risalente al 1 aprile di quest’anno e girato in un bar della Romanina – che riprendeva un Casamonica e suo cugino picchiare per futili motivi una ragazza disabile e un cittadino romeno. Quasi due mesi e mezzo dopo l’uscita del video – con conseguente sdegno dell’opinione pubblica, intervento della Raggi etc. – c’è stata la maxi operazione contro i Casamonica.

Due fatti di cronaca che non hanno riguardato direttamente i destinatari delle misure cautelari scaturite dalle maxi operazioni: Roberto Spada a gennaio 2018 era già in carcere, gli aggressori del bar alla Romanina sono finiti agli arresti il giorno dopo la diffusione del video.

L’indagine, come riporta Repubblica, è partita prima ancora dei funerali show di Vittorio Casamonica a Don Bosco (quelli con carrozze e musica del Padrino) ma è stata finalizzata solo dopo un fatto particolarmente violento e scioccante.

Sembra che, prima di far partire operazioni importanti e delicate, si aspetti quel casus belli che possa far auspicare all’opinione pubblica blitz di polizia e misure cautelari.

Probabilmente coincidenze. Ma che fanno riflettere.

Ma è davvero un caso?

Lo abbiamo chiesto a una fonte autorevole della Camera Penale di Roma che ha preferito restare anonima.

“Che il caso mediatico forte solleciti un’indagine è normale, un evento eclatante determina una serie di conseguenze – spiega la fonte – Un esempio? Il primo sequestro di persona in Calabria degli anni ’80 ha determinato una serie di maggiori attenzioni sui fenomeni di ndrangheta coinvolti in questi sequestri”.

Un fenomeno definito dalla fonte come naturale, se non auspicabile.

“Il problema – prosegue – è quando il processo esonda dall’accertamento giudiziario e viene celebrato sui mass media. Quello che bisogna davvero scongiurare è che alcune diffusioni mediatiche condizionino l’andamento di un processo”.

Secondo la fonte, il vero cortocircuito tra giustizia e informazione risiede nello squilibrio dell’attenzione che viene data alle indagini e non al processo.

“Prima del processo, con gli arresti, le intercettazioni e le fonti di prova raccolte dall’accusa la rilevanza mediatica è massima – conclude – poi inizia il processo, interviene la difesa con le prove e da quel momento la rilevanza mediatica svanisce”.

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