È la fine di una battaglia legale durata quattro anni e mezzo tra l'ex Coni Servizi (società controllata dal Mef) e il Comune di Roma per lo stato di abbandono in cui versa ormai da anni lo stadio
È la fine di una battaglia legale lunga quattro anni e mezzo. E peserà – scrive oggi il dorso locale della Repubblica – per 7,3 milioni di euro sui conti di Sport e Salute. Tanto costerà all’ex Coni Servizi, società controllata dal ministero dell’Economia, lo stato di abbandono in cui versa ormai da anni lo stadio Flaminio.
A mettere nero su bianco la condanna è Francesco Oddi, giudice della seconda sezione del tribunale civile. La sentenza – spiega Repubblica -, 33 dettagliatissime pagine, mette in fila la storia amministrativa dell’impianto per poi chiudersi con il maxi-risarcimento dovuto da Sport e Salute al Campidoglio. “L’inadempimento di parte convenuta (la partecipata del Mef, ndr) è inconfutabile”, scrive il giudice. Il riferimento è agli interventi di manutenzione. Carenti, se non completamente sbagliati. Dannosi.
La decisione del tribunale, racconta il quotidiano di Molinari – ripercorre l’intera storia dell’opera. Il proprietario del Flaminio, è noto, è il Campidoglio. Dal 1960, dall’inaugurazione dello stadio disegnato da Antonio e Pier Luigi Nervi, l’impianto è stato affidato al Coni. Nel 1997 è arrivato l’ultimo protocollo d’intesa, un accordo da 15 anni: il Comune cede ancora una volta la struttura in cambio di lavori di manutenzione. Nel 2007, per il Sei Nazioni di rugby, c’è il via libera di palazzo Senatorio a 10 milioni di euro di lavori di ristrutturazione progettati da Coni Servizi, nel frattempo subentrata al Coni, e a carico dell’amministrazione capitolina.
Arriviamo al 2008, continua la pagina romana di Repubblica. Coni Servizi rinuncia al Flaminio, destinato a diventare la Casa del Rugby. Ma l’affidamento alla Federazione italiana rugby “non venne mai perfezionato”. Rientra in gioco, fino al 2011, Coni Servizi. Nel 2013, la società del Mef, terminata la gara d’appalto per i lavori, riconsegna l’impianto a Roma Capitale. “Già a quell’epoca versava in uno stato di grave abbandono”, si legge nella sentenza che cita lo studio di fattibilità per la riqualificazione targato Risorse per Roma.
Senza la Federazione rugby, nel 2014 in Comune si affaccia la Federazione italiana gioco calcio: nulla di fatto “proprio per le deteriorate condizioni” del Flaminio. Fine dei 15 anni di concessione stipulati nel 1997: il Comune si ritrova in mano un rudere. E, come se non bastasse, anche un discreto bisticcio con Coni Servizi sui sopralluoghi per la riconsegna dello stadio e sui relativi certificati di idoneità statica e anticendio.
Impossibile non procedere per vie legali: a fronte di una richiesta di risarcimento danni di 8,8 milioni di euro, il tribunale civile ha condannato Sport e Salute (ex Coni Servizi) a restituirne 7,3 al Campidoglio. Per l’esattezza, inclusi gli interessi, un colpo da 7.322.640 euro.
Sport e Salute non commenta la sentenza. Ma è chiaro, scrive Repubblica, si evince anche dalla lettura della pronuncia e dalle eccezioni (non accolte) presentate dai suoi legali, che la società presenterà appello contro la condanna. Tanto più che i danni, se riconosciuti anche nel secondo grado di giudizio, sarebbero stati comunque causati dalla precedente gestione. Non da Sport e Salute, ma dalla ex Coni Servizi. Non è esclusa, in attesa della sentenza dell’appello, la possibilità di arrivare a una transazione con il Comune. I fondi in avanzo verranno reinvestiti in opere pubbliche, ovviamente sportive, per i romani. Tanto più che la collaborazione tra Campidoglio e Sport e Salute è saldissimo, nonostante il caso Flaminio.