È stato accolto da un lunghissimo applauso in piazza della Loggia il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che per il 50esimo anniversario della strage ha deciso di andare a Brescia. Piazza della Loggia, gremita per la commemorazione delle otto vittime e delle oltre 100 che rimasero ferite nell’attentato terroristico di matrice nofascista.
Alle 10:12, l’orario in cui l’ordigno nascosto in un cestino durante una manifestazione sindacale deflagrò, sono risuonati otto rintocchi, come il numero delle vittime.
“Contro il fascismo e la violenza ora e sempre resistenza”, il grido che si è levato da parte di alcuni dei manifestanti presenti in piazza, che all’uscita di Mattarella hanno anche invocato la “pace”.
“Oggi la Repubblica italiana è Brescia, è piazza della Loggia, è questo teatro, con la presenza e il coinvolgimento di tante persone. Tra loro giovani e giovanissimi, con la volontà di prendere parte a questa commemorazione, di rendere testimonianza e di stringersi attorno alla città, che avverte tuttora il trauma e la ferita di quel tragico, barbaro atto di terrorismo”, ha affermato il Capo dello Stato.
“Le immagini che abbiamo appena visto – ha ricordato il Mattarella – ci hanno ricondotto a quei momenti oscuri e tristi, ci hanno fatto rivivere lo sbigottimento, il dolore, il terrore che attraversarono l’intera Italia per quella strage. Il boato dell’esplosione, il fumo, il sangue, le sirene delle ambulanze, la concitazione dei primi soccorsi, le urla e il pianto dei feriti, il lutto e la sofferenza – indicibile – dei familiari. Uno scenario raccapricciante e perenne per chi – ed erano molti – ne fu diretto spettatore”.
“Tutti gli italiani che, nel 1974, erano cittadini consapevoli ricordano, in maniera indelebile, quella orribile giornata, a partire dalle prime, incerte notizie della mattina. Fino alla drammatica conferma, alla diffusione dei particolari e alla straziante contabilità delle vittime”.
“Di quel 28 maggio 1974 – ha proseguito – ricordiamo ancora l’atmosfera di apprensione, di inquietudine, di sconcerto diffusa in ogni angolo del Paese. Segnali cupi e minacciosi si addensavano sulla nostra giovane Repubblica, generando inquietanti interrogativi: chi c’è dietro l’attentato? Cosa succederà ora? Reggeranno le istituzioni, lo Stato, la democrazia? Superato lo sconvolgimento iniziale, la risposta di Brescia all’intimidazione stragista fu netta, compatta, determinata; e rappresentò un esempio per tutto il Paese, attraversato in quegli anni da grandi speranze e idealità, ma anche da ciò che vi si opponeva: spinte eversive, tensioni violente e strategie destabilizzanti, talvolta con la complicità occulta e ignobile di uomini che violavano i doveri di fedeltà alla Repubblica”.
“La manifestazione del 28 maggio, promossa dai sindacati, nasceva come risposta della cittadinanza, della società civile bresciana contro questa serie di inaccettabili minacce e violenze. Fu, allora, che il terrorismo nero decise di alzare il livello di azione criminale. Con quella bomba ad alto potenziale, proditoriamente collocata in un cestino sotto i portici, Brescia fu colpita al cuore. Colpita nella sua bella piazza, centro pulsante della vita cittadina, durante una mattinata di impegno civico in cui un popolo senz’armi era sceso in strada accanto alle forze sociali e politiche per ribadire un forte no alla violenza e alla paura. L’intento immediato degli attentatori era chiaro: punire e terrorizzare chi manifestava contro il neofascismo e in favore della democrazia”.
“L’obiettivo di quel turpe attentato – ha aggiunto il Capo dello Stato – era, inoltre, un messaggio e un tentativo di destabilizzazione contro la Repubblica italiana e le sue istituzioni democratiche. Con quella bomba si volevano fermare le conquiste sociali e politiche”.
“Gli ideatori, gli esecutori, i complici di quella strage volevano riportare il tempo indietro: a una stagione oscura, segnata dall’arbitrio della violenza, dalla sopraffazione, sfociata nella guerra. Mentre, in quello stesso anno, i popoli di Portogallo e di Grecia si liberavano finalmente dell’oppressivo fardello dei regimi autoritari, in Italia vi era chi tramava e complottava per instaurarvi un nuovo regime autoritario. Contro la Repubblica, nata dalla lotta della Resistenza, che aveva indicato le sue ragioni fondanti nella democrazia, nella libertà, nel pluralismo, nella solidarietà, principi scolpiti nella Carta costituzionale”, ha affermato Mattarella. “Provocare un clima di disordine e di paura, esasperare la popolazione, immettere nella società la sfiducia nella solidità del metodo e delle istituzioni democratiche, inaugurare una nuova stagione di repressione – ha ricordato il Capo dello Stato – erano gli obiettivi della galassia di terrorismo neofascista, che si nutriva di giovani manovrati, di militanti violenti, di ideologi raffinati e perversi e di una oscura rete di complicità, costituita da silenzi, benevolenze, omissioni, coperture”.
Mattarella ha poi spiegato di aver “incontrato i familiari di coloro cui fu tolta la vita. Alcuni bresciano che persero un figlio, un genitore, un coniuge, oggi non ci sono più. Desidero quest’oggi ricordare anche il loro dolore, la compostezza, la forza d’animo, la sete di verità che esprimevano e che permangono tra noi, nonostante gli anni trascorsi”.
“I familiari delle vittime, con la loro associazione, continuano l’opera di custodire e promuovere la memoria. E continuano a battersi – ha ricordato il Capo dello Stato – per ottenere giustizia, con coraggio e determinazione. Li ringrazio per questo impegno, esercitato tra mille ostacoli e fatiche, che ha dato un decisivo impulso alle inchieste e alla ricerca della verità”.