Le associazioni per i diritti delle donne scendono in piazza a Roma contro il ddl Pillon sulla separazione e gli affidi, un testo definito “una controriforma”.
L’iniziativa, in piazza della Madonna di Loreto (piazza Venezia), è stata organizzata dall’Unione donne italiane, dalla Dire (Donne in rete contro la violenza), Non una di meno, con la partecipazione di Cgil e di altre realtà attive per la difesa delle donne.
In piazza è stato montato un banchetto per raccogliere firme contro il ddl Pillon. A spiegare le motivazioni del no la responsabile nazionale dell’Udi Giulia Potenza: “Ci siamo mobilitate da giugno – ha affermato – quando abbiamo avuto notizia di questo disegno di legge, per noi sbagliato in tutti i suoi punti, e che va ritirato senza emendamenti. E’ retrogrado nei confronti del diritto di famiglia, tenta di riformare la legge 54 sull’affidamento condiviso non tenendo in conto l’interesse del minore. E’ anzi dannoso, perché mette il minore in una situazione di affidamento paritetico forzato, senza tenere conto delle sue esigenze di fatto né di quelle dei genitori. Impone il mediatore familiare obbligatorio, non tiene in considerazione i casi di violenza domestica che sono all’ordine del giorno. Introduce la Pas, la sindrome di alienazione parentale, una teoria che non ha fondamento scientifico, che solo alcuni tribunali applicano ma è illegittima, sconfessata sia dalla Cassazione che da medici e psicologi. Se diventa parte di una legge diventa ‘obbligatoria’, ed è un pericolo vero e proprio in caso di separazione conflittuali o con violenza: sposta l’attenzione dal genitore abusante, che in genere è il padre, alla madre che viene considerata ‘alienante’. Il ddl contiene norme che possono sembrare neutrali – prosegue Potenza – ma calate nel contesto emerge un disegno strutturato per depotenziare la donna in quanto soggetto economicamente più debole anche nelle dinamiche di violenza. Il mediatore obbligatorio, infine, è sbagliato perché non serve una terza figura in un contesto già delicato di per sé. E poi è a pagamento – conclude Potenza – E’ una sorta di ricatto che disincentiva il coniuge più debole economicamente e psicologicamente, che in genere è la donna, a intraprendere una separazione”.