La mostra presenta per la prima volta riuniti insieme i mosaici provenienti dagli scavi avvenuti a Roma tra la fine dell’800 e i primi decenni del ‘900, quando la città, divenuta capitale d’Italia si arricchiva di nuovi edifici e ampliamenti stradali. Il fervore della scoperta, l’emozione di nuovi rinvenimenti e lo studio di questa tecnica, quella del mosaico, permeò tutto il periodo storico. Così come è documentato attraverso foto storiche, acquarelli e testimonianze provenienti dall’Archivio Storico Capitolino.
“Questa mostra è un’opportunità per illustrare il mosaico, come opera d’arte, e non solo come opera di artigianato, legato al suo contesto di origine antico e attraverso i documenti di archivio che ne testimoniano le fasi della scoperta” afferma Claudio Parise Presicce, curatore della mostra e direttore dei Musei Capitolini archeologici e storico artistici.
La mostra è divisa in quattro sezioni tematiche che vogliono meglio evidenziare i diversi contesti di rinvenimento e quindi, anche le diverse committenze e destinazioni di un mosaico.
Quattro sezioni tematiche: dalle opere dall’effetto pittorico ai contesti funerari
La prima sezione ci illustra la storia e la tecnica del mosaico nella sua evoluzione stilistica dal mosaico a tessere più grandi con funzione decorativa, fino all’uso dell’opus vermiculatum, dove le tessere in marmi colorati, paste vitree, o pietre calcaree, si fanno piccolissime e seguendo la linea delle figure, curando gli aspetti cromatici e di prospettiva, divengono opere dall’effetto pittorico.
Esempi sono il mosaico policromo pavimentale con trama di sinusoidi, motivo complesso, ma con una funzione prettamente decorativa nel formare un vero e proprio tappeto musivo, fino ad arrivare al sofisticato émblema policromo con leone e amorini, dove le tessere sono sempre più piccole nel seguire i profili delle figure e nelle sfumature cromatiche con la resa dell’ombreggiatura, come se fosse un dipinto.
La seconda sezione ci mostra l’uso del mosaico nelle ricche domus, seguendo un criterio cronologico, dagli esemplari più antichi – come il grande mosaico policromo a cassettoni, scoperto presso la Villa Casali al Celio – fino ad arrivare al IV secolo d.C. Tra questi il mosaico con scena nilotica della metà del I a.C., dove si arriva ad un vero virtuosismo miniaturistico nell’uso delle tessere e ci offre la testimonianza della vicinanza commerciale e politica di Roma all’Egitto, un’accurata conoscenza dell’ambiente e degli animali. I mosaici non sono solo un prezioso e importante espediente tecnico per abbellire le ricche abitazioni romane, ma anche preziosa testimonianza delle abitudini e conoscenze degli antichi.
Fa da quinta scenografica a questa sezione lo straordinario mosaico parietale con la scena della partenza di una nave dal porto, rinvenuto nella ricca dimora di Claudius Claudianus, che sorgeva sul colle Quirinale nella seconda metà del II secolo d.C.
La terza sezione è dedicata all’apparato decorativo della basilica Hilariana, sede del collegio dei sacerdoti addetti al culto di Cibele e Attis, rinvenuto tra il 1889 e il 1890 durante gli scavi per la costruzione dell’ospedale militare del Celio. Manius Poblicius Hilarus era il ricco mercante di perle che sostenne gli oneri finanziari per la costruzione della basilica che da lui prese il nome.
Infine, la quarta sezione è dedicata a mosaici realizzati per contesti funerari, inquadrabili nel II e III secolo d.C. situati nelle aree suburbane della città. La decorazione è volta sempre a esaltare le qualità del defunto e a rievocare i valori collettivi fondamentali della società romana. In questo spazio troviamo un mosaico ottagonale con pavoni, quale motivo decorativo carico anche di significati escatologici e salvifici, che allude alla rigenerazione oltre la morte.
Così l’Assessora alla Crescita culturale, Lorenza Fruci: “L’inaugurazione di questa mostra che coincide con la riapertura dei Musei, deve essere un segnale di rinascita e ripresa per tutto il paese.”