Cinema: Lucarini: “Roma ha location uniche al mondo, ma girare qui è molto complicato”

"Una grande produzione americana può arrivare a spendere moltissimo, anche circa 60 milioni di euro per i luoghi più belli che ci siano a fronte di un tax-credit del 40%, come ad esempio è accaduto per "Mission Impossible", e poi c'è la produzione italiana che magari ha un budget molto più ridotto e deve anche combattere le lunghe attese per le autorizzazioni", spiega al Messaggero il produttore esecutivo della società Groenlandia

La prima internazionale di Mission: Impossible ? Dead reckoning Part 1, con il protagonista Tom Cruise e il regista Christopher McQuarrie

L’intervista a Palo Lucarini del Messaggero Roma

 

“La Capitale ha delle location uniche al mondo ma girare in città, centro in primis, è molto complicato”. Paolo Lucarini è un produttore esecutivo della società Groenlandia. Da anni lavora al fianco di noti registi italiani e Roma la conosce come le sue tasche. Ancora di più conosce la “complessa macchina” per ottenere permessi e autorizzazioni per g¡rare. In queste settimane si trova impegnato sul set della serie Sky “Hanno ucciso l’uomo ragno” con la regia di Sidney Sibilia.

“Giriamo a Boccea – dice non riuscendo a coprire un sorriso – è tutto più facile”.

Lucarini, meglio non prendere in considerazione il Centro?

“Non c’è bisogno di ribadire il potenziale della Capitale, anche le grandi case di produzione attingono a Roma da sempre ma ci sono due binari per l’appunto; il primo è quello di una grande produzione americana che può arrivare a spendere moltissimo, anche circa 60 milioni di euro per i luoghi più belli che ci siano a fronte di un tax-credit del 40%, come ad esempio è accaduto per “Mission Impossible”, e poi c’è la produzione italiana che magari ha un budget molto più ridotto e deve anche combattere le lunghe attese per le autorizzazioni”.

Partiamo dai permessi: alcune produzioni si sono viste recapitare le contravvenzioni per l’accesso alla Ztl pur avendo pagato il dovuto. Tanto che si è formata una class-action. Al netto del paradosso, è davvero cosi complicato ottenere il via libera a girare?

“Se giri in esterno, per ogni singola strada hai bisogno di un permesso ad hoc che diventa duplice perché non c’è solo quello per il suolo pubblico e per la logistica ma anche quello per le riprese e per ottenerli ci vogliono 21 giorni”.

Sono tanti?

“Sono un’enormità. Un film italiano in media si aggira su sette settimane di riprese più altre sette di preparazione. Ottenere i permessi dopo 21 giorni significa che il regista deve subito avere le idee eh ¡are e precise, cambiare location ma anche per un’altra strada o piazza che dista 50 metri, significa andare in contro ad un ritardo”.

E il ritardo costa. Però l’Ufficio cinema dice anche che i permessi per esigenze particolari o per cambi repentini, magari legati al maltempo, possono essere sbloccati anche prima, non è cosi?

“È meglio non rischiare, mancano interlocutori chiari e rischi di non ottenerli comunque quei permessi”.

Nelle altre città italiane i tempi sono minori? «

“Sì, entro due settimane al massimo ottieni l’ok. È chiaro che se voglio girare a piazza di Spagna o a piazza Venezia devo aspettare perché sono luoghi dove portare un set comporta una riorganizzazione importante dell’ordinario ma che senso ha, ad esempio, aspettare sempre 21 giorni per ottenere il via libera agirare su strade di periferia?”.

Passiamo ai costi che comunque non sono economici. Qualche esempio per il lettore: Ara Pacis, palazzo Braschi costano al giorno 2.083 euro. I musei capitolini 2.868. È tanto o poco?

“Le dirò che giusti ma l’amministrazione deve permettere di farmi girare. Perché se a quel costo la produzione deve aggiungere la guardiania dei luoghi per garantirne la sicurezza, i permessi per accedere al Centro che poi come è capitato non vengono riconosciuti, il campo base lontano dal centro è chiaro che ¡I costo è molto più alto e quindi quei prezzi sono finti”.

I campi base in Centro sono impossibili?

“Da tempo ormai. Ce ne sono sui lungotevere, a Testaccio, all’Eur ma sono fuori dal Centro e se il set ce l’hai lì è problematico”.

Alcune produzioni anche grandi possono dunque essere portate a girare fuori dalla Capitale?

“Tutto dipende dalla narrazione: se non è necessario avere Roma come teatro di posa puoi andare in un’altra città. Devi sempre valutare i costi di una troupe in trasferta ma quella produzione che non è romana, che non è vincolata ad avere la Capitale, va altrove, delocalizza ed è un enorme peccato”.

Perché?

“Perché quello che può muovere il cinema anche sul fronte del ritorno economico per una città non è da sottovalutare. Ci sono Paesi, penso all’Australia per il Signore degli Anelli, che hanno aumentato enormemente il turismo a fronte di “fan-club” nati per quel film. Gente che va in un posto solo perché è appassionato di quel lavoro o di quella serie. In questa città si dovrebbe creare davvero un ufficio con cui avere un dialogo costante e proficuo”.

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