Il monumento al figlio di Apollo con poteri salvifici risale al 160 d.C. per combattere la peste antonina, identificata come vaiolo, che provocò milioni di morti, carestia e povertà.
L’altare di Asclepio all’ingresso dello Spazio Espositivo Tritone, a Roma, accoglie gli ospiti come monito per sconfiggere la pandemia che oggi ci affligge. Così la Fondazione Sorgente Group, presieduta da Valter e Paola Mainetti, ha voluto ricordare come le epidemie abbiano da sempre spaventato tutte le civiltà, un evento naturale nefasto, non controllabile, devastante e incomprensibile. Ancora oggi, nell’esempio così vicino del Covid 19, pur con lo sviluppo della ricerca medica, l’umanità si sente persa e spaventata.
In tempi record siamo riusciti a mettere a punto un vaccino che potrà portare a quell’immunità di gregge tanto agognata e che dovrebbe consentire il ritorno ad una vita con meno restrizioni. Ma ancora tutto è in divenire e l’incertezza pervade la nostra quotidianità. In antico per superare le epidemie l’unica speranza era l’invocazione alle divinità, tra cui Apollo e suo figlio Asclepio (Esculapio per i romani), nato dalla fanciulla Arsinoe, quali protettori e salvatori. Il culto di Asclepio aveva il suo centro nella città di Epidauro, mentre a Roma fu introdotto nel 291 a.C. sull’isola Tiberina, quando la città fu colpita dalla peste.
L’altare monumentale di Asclepio della Fondazione Sorgente Group fu probabilmente realizzato nel periodo degli Antonini, intorno al 160 d.C., da un privato per scongiurare la terribile epidemia, nota come “peste Antonina”, che provocò la perdita di numerosissime vite umane, tra cui probabilmente lo stesso imperatore Lucio Vero nel 169 d.C. e a seguire Marco Aurelio nel 180 d.C.
La Peste Antonina, identificata come vaiolo, fu portata entro i confini dell’Impero romano intorno al 160 d.C dai reduci di una campagna contro i Parti (nell’attuale Iran) e imperversò fino al 190 diffondendosi in tutta Europa fino a nord del Reno, provocando circa 30 milioni di morti e decimando la popolazione senza differenze di ceto, età o provenienza geografica. Le legioni vennero letteralmente annientate, rendendo difficile la difesa sui limes, l’aristocrazia fu colpita duramente, tanto che si bloccò tutta l’attività politica e amministrativa e le campagne si spopolarono in Egitto, così come in Germania. L’impressionante calo demografico comportò una contrazione della capacità produttiva di cibo, che iniziò a scarseggiare e a costare moltissimo, e della produzione di oggetti e beni di prima necessità: carestia, povertà e paura si diffusero rapidamente e si cercò rifugio nella magia e nelle invocazioni alle divinità. Intorno al 165 d.C. la città di Hierapolis fece erigere una statua al dio Apollo Alexikakos, affinché la proteggesse dalla terribile malattia infettiva, così come fecero altre città con templi e altari votivi dedicati anche ad Asclepio e divinità orientali come Mitra, Iside e Serapide. Questa era, allora, l’unico aiuto possibile: l’invocazione divina affinché si fermasse il diffondersi della malattia e furono favorite iniziative di carattere religioso sia da parte di privati sia su volontà dello stesso imperatore Marco Aurelio.
Sul monumentale altare circolare in marmo della Fondazione Sorgente Group (alt. 118 cm, diam. 55,5 cm) è possibile ammirare la triade divina, in un’occasione estremamente rara, scolpita a rilievo con un’evidente plasticità, riprendendo l’iconografia della statuaria greca. Asclepio, il dio della medicina, delle guarigioni e dei serpenti è raffigurato stante, con lo sguardo fermo e deciso, la tipica folta barba, avvolto nel suo mantello e appoggiato al bastone con il serpente sacro; alla sua destra, è scolpita la figlia Igea, assorta con i capelli raccolti, patera nella mano e sul braccio destro si riconosce di nuovo il serpente sacro; infine, il giovane Telesforo, più piccolo di statura, avvolto nel caratteristico mantello di lana con cappuccio, la paenula cuccullata. L’associazione di Telesforo alla coppia divina Asclepio e Igea è descritta da Pausania nel santuario di Asklepios a Pergamo e la sua importanza è confermata da monete e iscrizioni databili tra il 98 e il 102 d.C., ma l’incremento del culto del piccolo fanciullo dalle proprietà salutari si ebbe durante l’impero di Adriano, Settimio Severo e Caracalla.