Un malore o qualcosa tra i pieidi che le ha fatto perdere l’equilibrio? Di certo, c’è stato un passo incerto, il tentativo di sorreggersi per non finire a terra. Poi il patatràc: la mano addosso al San Francesco di Guido Reni e la tela che subisce uno strappo. Non è stata vittima della sindrome di Stendhal – scrive il dorso locale di Repubblica – la visitatrice che ieri pomeriggio intorno alle 16:00 è franata sullo stendardo del 1610-12 esposto nella mostra “Il sacro e la natura”, allestita alla Galleria Borghese per celebrare la fase romana dei grande classicista bolognese.
L’incidente – spiega Repubblica – sarebbe avvenuto infatti a causa dell’allestimento della sala Mariano Rossi che prevede una sorta di ring con un quadrato centrale precluso ai visitatori. Ma anche una base a terra, in ferro, sulla quale è facile inciampare. Gira la voce tra custodi, guide e turisti, che anche altri visitatori abbiano avuto problemi con l’architettura effimera che permette di esporre le pale di altare del Reni sopra i mosaici romani di IV secolo d.C. portati dai Borghese alla metà dell’Ottocento da una loro proprietà sulla Prenestina.
E chi scrive – si legge sull’edizione romana del quotidiano diretto da Molinari – può testimoniare che è possibile, se non facile, rovinare pesantemente sul tappeto musivo: arretrando per vedere meglio il dipinto accanto al San Francesco, il giorno dell’inaugurazione sono inciampato sul cordolo divisorio ideato dall’architetto Enrico Quell, progettista dell’allestimento.
La direzione del Galleria e il ministero dei Beni culturali minimizzano. E parlano di una “fessura di 4 centimetri”, annunciando “per domani (oggi, ndr) il sopralluogo dei tecnici del Campidoglio”, poiché il dipinto, realizzato su committenza della Confraternita delle Sacre Stimmate di Campagnano, è stato prestato dal museo di Palazzo Braschi. Dipinta su entrambi i lati, recto e verso, l’opera ha subito ieri un danno solo sulla faccia con il poverello di Assisi che riceve le stimmate.
Non si tratta di una caduta rovinosa come quella registrata nel 2005 dalla Fanciulla diAnzio che, esposta al Colosseo in una mostra dal nome infausto, “La Roma dei misteri”, crollò a terra per un colpo di vento agostano che danneggiò anche “l’Oreste a Delfi” il “C.Fulvius Salvis”: tre opere salvate poi dalle cure amorevoli dei restauratori della Soprintendenza. Ci penseranno oggi quelli della Borghese e i colleghi del Comune a decidere se intervenire direttamente in mostra con un restauro dal vivo per risarcire quella che la direzione della Galleria definisce “una lieve lacerazione superficiale”, causata da una turista caduta perché “probabilmente colpita da un malore”. Inutili e impossibili i tentativi di sorreggerla da parte del personale di custodia, destinato a quel punto della mostra dopo l’inciampo nel giorno della vernice.