Oggi, 4 giugno, per i romani non è un giorno come tanti altri. All’alba di 80 anni fa, il rumore dei primi cingoli risuonò per le strade della Capitale. Faceva caldo, quel giorno, a Roma. Una Roma stremata da otto mesi e mezzo di occupazione nazista, fatta di fame, pane nero, rastrellamenti, freddo e delazioni. Gli americani, abbronzati e un po’ scanzonati, sembravano arrivare da un altro mondo. La guerra non era finita, c’era l’altra metà d’Italia da liberare, ma quel giorno Roma rideva.
Con l’esercito venuto dall’altra parte dell’Oceano e che parlava un’altra lingua, tanto per parafrasare 4/3/43 di Lucio Dalla, arrivarono le prime sigarette di importazione, le Lucky strike, le chewin gum, il whisky e il jazz, i cui primi vagiti per la verità si erano sentiti già negli anni 20, prima dell’autarchia imposta dal regime e dalla censura. E persino nuovi sport. Non è certo un caso se Nettuno, teatro insieme ad Anzio dello sbarco anglo-americano del 22 gennaio 1944, che aprì la strada per Roma, sia oggi la capitale indiscussa del baseball. Portato proprio da quei soldati, un po’ neri, un po’ bianchi che masticavano gomme.
La storia, comunque, racconta la genesi della liberazione di Roma. L’11 maggio 1944 gli alleati lanciarono l’Operazione Diadema, il cui intento era quello di rompere la linea Gustav e aprire la strada per Roma, dopo la furiosa battaglia di Montecassino. Il compito di questa operazione era ricaduto sull’ottava armata dell’esercito britannico, che includeva divisioni polacche, canadesi e sudafricane, e sulla quinta armata dell’esercito americano, che includeva quattro divisioni francesi. Dopo una serie di attacchi il comandante tedesco Albert Kesselring decise di abbandonare le difese della linea Gustav il 25 maggio, aprendo la strada all’avanzata alleata.
La conquista di Roma era incredibilmente importante per gli Alleati. Si sperava infatti che la conquista della capitale italiana portasse le truppe tedesche lontano dalla Francia e dall’imminente sbarco in Normandia (D-Day). Inoltre, la presa Roma sarebbe stata anche un enorme strumento di propaganda. Il presidente Roosevelt aveva lasciato intendere che Roma doveva essere conquistata dalle truppe americane. Il comandante dell’esercito statunitense, generale Clark, disobbedì dunque agli ordini del generale britannico Alexander di tagliare la linea di ritirata tedesca e ordinò invece alle proprie truppe di puntare sulla città.
In seguito a questa decisione, la decima armata tedesca riuscì a sfuggire alla cattura e poté continuare la difesa del Nord Italia. Prima della conquista di Roma, le forze italiane che combattevano al fianco degli alleati furono mandate sul fronte adriatico, in modo che non potessero partecipare alla liberazione della propria Capitale.
Ironicamente, la notizia della liberazione di Roma passò in secondo piano per lo sbarco in Normandia, che avvenne solo due giorni dopo.