Periferie/Pigneto 1: Tra librerie indipendenti e festival, il ruolo da outsider del Pigneto

Barbara Leda Kenny, tra le ideatrici del festival InQuiete, racconta a Radiocolonna cosa rende speciale il quartiere che ha scelto nel 2007 per aprire, insieme a Barbara Piccolo, la libreria delle donne Tuba

Roma, Libreria Tuba (08 11 2021 Day II- InQuiete Festival 2021) photo credit: Chiara Pasqualini/MIP

“Pignetizzare il resto del Pigneto”. È la soluzione di Barbara Leda Kenny – fondatrice, insieme a Barbara Piccolo, della libreria delle donne Tuba e tra le ideatrici del festival sulla scrittura delle donne “InQuiete” – per evitare che il quartiere delimitato dalle vie Prenestina e Casilina perda quanto costruito negli ultimi 15 anni. Da borgata senza alcuna attrattiva, il Pigneto è oggi una zona di Roma considerata trendy, abitata da scrittori e intellettuali, con una vita culturale alimentata dalla comunità che la abita, diversa dall’offerta “calata dall’alto” che caratterizza altri quartieri della città. Qui anche i commercianti, dalle botteghe ai locali, sono parte attiva di questo processo (si veda il ristorante Necci con l’Ipogeo o i ceramisti di Utol). Radiocolonna vi porta alla scoperta del quartiere con un viaggio a puntate che parte dalla storia del festival InQuiete, raccontato da una delle sue ideatrici.

Quando l’isola pedonale era una landa deserta

 

Sedici anni fa scegliere l’isola pedonale del Pigneto per aprire una libreria delle donne, che è anche uno spazio bar ed è aperta da mattina a sera, è stata “una scommessa – racconta Barbara Kenny a Radiocolonna – che oggi possiamo dire riuscita. Allora però, d’inverno, mi chiudevo dentro (ndr alla libreria Tuba), perché nell’isola pedonale c’erano quattro serrande aperte, poche attività e tutte serali. Non c’era la pavimentazione, non c’era verde, non c’erano le panchine, era una landa deserta. Oggi è una piazza viva. Di negativo però – sottolinea – è che insieme al successo del Pigneto è arrivata anche tanta speculazione. È difficile pensare con i prezzi di adesso che aprano dei negozi, come successo allora. Anche i prezzi delle case in affitto sono aumentati e abbiamo sempre più Airbnb e sempre meno residenti”.

 

Una gentrificazione dal basso

 

Non per questo, aggiunge Barbara, l’intero Pigneto è destinato a uno sviluppo che finisca per snaturarlo. Intanto, spiega, molte delle dinamiche che prima gravitavano intorno all’aerea pedonale “si sono spostate un poco più in giù”. Ad esempio, dice,  “in via Dulceri negli ultimi anni hanno aperto una galleria fotografie, diverse librerie indipendenti, molti ristorantini”. Insomma, sorride, possiamo dire “si sta pignetizzando anche il resto del quartiere”. Ma cos’ha di così speciale questo quartiere rispetto ad altri? domandiamo. Intanto, spiega Barbara, è una periferia non lontana dal centro di Roma, “è questo dà la possibilità a chi lavora nell’industria culturale creativa e non ha posizioni tra le più remunerate di trovare il suo spazio nella città”. E se di gentifricazione si tratta è un fenomeno, spiega, “che parte dal basso (D’altronde, dice: “Potrei essere considerata anche io un’agente della gentrificazione”). Ci sono delle persone che hanno scelto di vivere qui perché esisteva un tessuto umano che rendeva possibile delle progettualità”. Per questo, Barbara ne è certa, il festival InQuiete “non sarebbe mai potuto nascere fuori dal Pigneto: il fatto di avere l’isola pedonale e la biblioteca (ndr Mameli) di fronte alla libreria sono state delle circostanze che hanno facilitato il lancio del festival”. Che già appena nato, nel 2017, aggiunge Barbara, registra un’afflusso di pubblico altissimo (tanto che due delle scrittrici ospiti, Valeria Parrella e Serena Dandini, stupite, le chiedono da quanti anni esista la kermesse).

Gente del Pigneto

 

Per rendere l’idea della comunità che abita il quartiere, Barbara racconta di quando durante l’edizione del secondo anno, nel 2018, una pioggia improvvisa le costringe ad abbandonare il palco allestito all’aperto, e a cercare in fretta e furia un luogo alternativo per ospitare il festival. All’inizio “gli abitanti del quartiere vanno a casa a prendere gli ombrelli e li offrono a tutti i presenti. Ma la pioggia diventa sempre più forte e non è possibile restare in piazza. Ci mobilitiamo allora per trovare un posto alternativo e pensiamo al cinema Avorio, chiuso da tempo, ma non riusciamo a contattare la proprietà. Alla fine troviamo ospitalità nel Nuovo cinema Aquila”, che è un bene confiscato alla criminalità organizzata, dal 2008 riconsegnato alla città dal comune di Roma. Oggi la location principale del festival è diventata proprio il cinema Avorio. “Dopo qualche mese dalla seconda edizione, la proprietaria, Patrizia, mi contatta e mi dice: ‘Sarebbe bellissimo se faceste Inquiete nel mio cinema’. E così è stato”. Le cose nascono – spiega Barbara – “da un incontro per affinità e questo succede al Pigneto perché ci sono molte persone convinte che la cultura e la bellezza siano una parte fondamentale della vita”.

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