Percorrere Via Petroselli in direzione centro è sempre un piacere. Dopo la curva in salita da cui parte Via del Teatro Marcello, infatti, si possono raggiungere alcuni dei punti più belli di Roma. Girando a sinistra si arriva al Ghetto e al Portico d’Ottavia, proseguendo si giunge al Campidoglio, all’Ara Coeli e a Piazza Venezia.
Ma quel vialone immenso, introdotto da un varco ZTL, un tempo era un quartiere popolato da case e negozi. Migliaia di famiglie romane costrette poi a emigrare dal centro storico alla periferia.
Siamo tra gli anni ’20 e gli anni ’30 del ‘900. Benito Mussolini vuole collegare Piazza Venezia a Via Ostiense e di conseguenza al mare, ma per farlo ha bisogno di liberare Via Tor de’ Specchi (l’attuale Via del Teatro Marcello) da chiese ed edifici medievali e seicenteschi. Tutti abbattuti per creare la vecchia Via del Mare.
A farne le spese, come si può notare da queste foto d’epoca, è stato un quartiere di pregio storico ma soprattutto i tanti abitanti, migliaia, costretti ad abbandonare le proprie case su ordine delle autorità.


“Tor de Specchi è l’ennesimo esempio di una Roma in fase di essere disgregata nelle sue radici più profonde. Quella Roma che fino al tardo 800 nei “Gran Tour”, era cantata da poeti e ritratta da pittori, dopo l’unità Italiana con i Savoia e la loro megalomania architettonica di ispirazione Asburgica, volle essere piegata ai nuovi Re. Si forzò una visione in cui la capitale doveva ispirarsi a città come : Torino, Vienna o Parigi.
Eppure lo stesso Haussman, architetto che stravolse l’urbanistica della capitale Francese, assunto dai Re come consulente, affermò: “tutto qui va lasciato come era” – spiega il portale TrastevereApp –
Malgrado ciò, dopo appena 10 anni dall’Unità d’Italia, arrivarono i muraglioni ed i nuovi ponti, il Vittoriano ed i “boulevard” monumentali come Via Cavour, Via Nazionale, Corso Vittorio Emanuele II e la nostra Viale Trastevere (ai tempi viale del Re).
Quest’ultime recisero a fine 800 senza alcun riguardo, un reticolo di vie, vicoli e rioni, fino a mutarne per sempre i contorni e la conformazione”.
Un lavoro di trasformazione urbana che è proseguito anche durante il Ventennio fascista.