Teatro Eliseo: la grande lentezza della cultura

Il teatro di via Nazionale lamenta pochi fondi. La Corte dei Conti indaga sull’eccesso di finanziamenti al Teatro dell’Opera. I sussidi a pioggia non aiutano il risanamento

Certo è spiacevole che il palcoscenico sul quale recitarono grandi attori, da Gino Cervi a Giorgio Albertazzi, non ci sarà più perché il Teatro Eliseo, nonostante gli sforzi finanziari e polemici di Luca Barbareschi, è destinato a chiudere i battenti per i conti in rosso.

Ma finiamola di risolvere i problemi, soprattutto quelli con alibi culturale, chiedendo più soldi allo Stato e al Comune. E’ vero che la gente è disposta a spendere spende e non sarebbe un male incentivare di più la cultura. Il modello però non può essere il solito drenaggio di risorse pubbliche per tenere in vita attività destinate a ridimensionarsi.

L’editoria giornalistica ha dovuto prendere atto della rivoluzione del web e sta cercando di riorganizzarsi di fronte alla drastica riduzione delle vendite (e dei finanziamenti) e a una domanda d’informazione mutata. Forse l’impresa teatrale è così presuntuosa da pensare di essere indenne dai mille cambiamenti della nostra epoca, imposti in gran parte dal digitale ?

Non si può sottovalutare che la cultura e i generi culturali, (come il teatro e la lirica) siano anch’essi influenzati dalla diffusione del virtuale, che sottrae l’appeal e l’emozione,che un tempo, procurava “l’incontro” con gli attori in carne e ossa. Migliaia e migliaia di spettacoli e film on demand, arrivano oggi dovunque sui cellulari o sugli schermi delle case, coprendo abbondantemente la richiesta di intrattenimento.

Questo, certo, non vuol dire abbandonare il genere teatrale e chiudere i rubinetti delle sovvenzioni statali o comunali, ma occorre rendersi conto che non è più il caso di proseguire con i vecchi criteri d’approccio. E, come lo Stato in qualche modo sta cercando di innovare l’offerta museale, così nel teatro, privato e pubblico devono impegnarsi a trovare a una nuova strada.

Si porta ad esempio l’estero dove il teatro tira ancora, citando soprattutto quelli di Londra o New York, ma il paragone non è possibile anche per la lingua che indirizza l’offerta ad una platea mondiale. Il pubblico, in questi casi, anche se in diminuzione è comunque in grado di sostenere centinaia e centinaia di rappresentazioni, rendendole ammortizzabili e redditizie. Traguardo che da anni e per la maggior parte dei nostri teatri, di prosa o lirica che sia, non è più realizzabile.

Intanto c’è da registrare l’inchiesta della Corte dei Conti per capire se i 15,2 milioni di fondi del Comune di Roma entrati nelle casse del Teatro dell’Opera dal 2008 siano congrui o eccessivi. L’indagine, come riporta il Corriere della Sera-Roma, parte dall’esposto dell’associazione Analisi Fondi Pubblici, Acf, che mette a confronto i finanziamenti erogati alle fondazioni liriche da vari Comuni italiani.

Si scopre così che la Scala di Milano ha ricevuto 6,7 milioni, molto meno della metà del finanziamento avuto dalla fondazione Opera di Roma. Secondo l’associazione, la pioggia di stanziamenti avrebbe disincentivato una gestione virtuosa e propositiva. Ma per verificare eventuali “leggerezze” la magistratura contabile dovrebbe chiamare in causa ben tre amministrazioni: quella di Gianni Alemanno, di Ignazio Marino e della Sindaca Raggi…

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