“Gli ultimi dati sui voucher, la forma più spinta di precariato, sono impietosi: per il 2016 siamo arrivati alla cifra record di quasi 146 milioni di buoni venduti, contro i 23 milioni del 2012, prima cioè che Renzi liberalizzasse ancora di più lo strumento. E’ l’avanzata inesorabile della working poor class”. Lo dicono i deputati M5S della Commissione Lavoro, Tiziana Ciprini e Claudio Cominardi, a margine dei lavori della due giorni di convegno, all’Auletta dei gruppi di Montecitorio, dedicato al Rapporto ‘Lavoro 2025 – Come evolverà il lavoro nel prossimo decennio’, ideato e curato dal sociologo del lavoro Domenico De Masi con la collaborazione di 11 esperti, tra i quali nomi del calibro di Nicola Cacace, Donata Francescato o Riccardo Staglianò.
“Oggi siamo agli albori della quarta rivoluzione industriale, si parla di manifattura digitale 4.0 guidata dalle tecnologie. L’automazione distrugge posti di lavoro con una rapidità impressionante. E a rischio non sono soltanto le mansioni manuali, ma persino quelle intellettuali esecutive e, in alcuni casi, anche quelle intellettuali a più alta specializzazione – insistono i deputati Cinquestelle – Un esempio? Entro il 2026 potrebbero non esistere più auto guidate da umani, con perdita del mestiere di autista. Ecco perché bisogna andare verso uno sostegno al reddito universale, un vero e proprio Reddito di esistenza”.
Robot e software nel 2025 creeranno 13 milioni di nuovi posti di lavoro, ma ne distruggeranno 22 milioni. È l’automazione, che cancella non soltanto mansioni manuali, ma anche quelle intellettuali esecutive. Con riverberi inevitabili sul welfare che, complice l’invecchiamento della popolazione (tra dieci anni il rapporto tra over 65 e persone in età attiva salirà dal 33,9% del 2015 al 42,6%) e l’aumento delle disuguaglianze, cambierà pelle. “Entro il 2025 – si legge nella ricerca – si istituirà un reddito universale che assicuri all’individuo la sussistenza”. In particolare, l’Italia “procederà verso un quadro di welfare mix dove l’ente pubblico darà in gestione ad altri soggetti una serie di servizi sulla base di convenzioni, gare d’appalto e altro”.
De Masi aggiunge: “Sul saldo di posti creati e distrutti dalla tecnologia, gli esperti della nostra ricerca hanno punti di vista diversi, ma per me non c’è dubbio: i lavori cancellati saranno più di quelli recuperati. Quando fu inventata la locomotiva o l’automobile i cavalli furono sostituiti da stazioni o officine, luoghi da cui si generavano nuovi mestieri. Invece le innovazioni digitali non comportano la creazione di ampie tipologie di nuovi lavori, mentre ne distruggono moltissimi. Prendiamo la sharing economy: spesso per sua natura rappresenta un’integrazione al reddito, incarna una categoria di attività che occupano interstizi di vita di chi fa già un altro mestiere. Ma nel frattempo essa distrugge interi settori professionali. La frontiera del lavoro che cambia sarà il grande tema dei prossimi dieci anni assieme a quello delle immense migrazioni di massa”, chiude il professore emerito di Sociologia del lavoro a La Sapienza.