Di sicuro c’è che è una tasse tra le più discusse di sempre. Dopo il buco milionario di Ama (qui lo speciale di Radiocolonna.it) adesso salta fuori un altro paradosso sulla Tari. Merito della Cna, che dopo la pubblicazione di una sentenza della commissione tributaria di Roma che a seguito del ricorso di un gommista ha stabilito che le superfici dove si producono rifiuti speciali non sono soggette a tassazione, ha fatto due conti, scoprendo una verità inquietante.
E cioè che ci sono poco meno di 19 mila imprese (18.900 per la precisione) che hanno pagato circa 15 milioni di euro l’anno in più per la tassa sui rifiuti, per un totale nel periodo 2013-2017 di 60 milioni di troppo entrati nelle casse di Ama. Dalla Cna, sostengono che il regolamento capitolino sui rifiuti e sulla Tari sia in contrasto con l’articolo 1 della legge 147 del 2013 che prevede la non tassabilità delle aree di produzione di rifiuti speciali (perché il costo dello smaltimento di questo tipo di rifiuti è già in capo alle imprese ndr).
Ma il regolamento capitolino sulla Tari, invece, esclude queste aree solo se lì si formano “esclusivamente” rifiuti speciali, mentre la legge nazionale parla di zone dove si formano “in via continuativa e prevalente” rifiuti speciali. Insomma, da questa differenza è nato il contenzioso, circa 100 ricorsi fino ad oggi, ma questa prima sentenza della commissione tributaria dà ragione alla posizione della Cna.
Per questo Michelangelo Melchionno, presidente della Cna di Roma ha chiesto che: “Il regolamento venga modificato, evitando la doppia tassazione, e venga aggiunta anche una norma che favorisca l’emersione e la riduzione dell’elusione della tassa”. La modifica del regolamento all’articolo 8, adeguerebbe la normativa comunale a quella nazionale passando dalle aree di “esclusiva” produzione di rifiuti speciali alle aree di “prevalente e continuativa” produzione di rifiuti speciali. A questo punto, per evitare che qualcun altro paghi il non dovuto è bene correre ai ripari.