Doveva essere una rivoluzione copernicana, peraltro imposta dalla Legge, quella che porta la firma dell’ex ministro Marianna Madia. Una bonifica industriale in grado di abbattare i costi e garanire pronta cassa al Campidoglio. E invece nulla. Bluff. La riforma delle partecipate giace in soffitta, tra polvere e ragnatele. E per il Comune i disastrati bilanci delle controllate continuano ad essere vere e proprie zavorre. Peccato, perché il piano, con tanto di timbro c’è. Quello dell’ex assessore Massimo Colomban, imprenditore veneto dotato di un certo pragmatismo e forse proprio per questo durato decisamente nella squadra grillina di Virginia Raggi.
Una riforma ambiziosa, in grado di togliere di mezzo le società in perdita, autentici pozzi mangiasoldi, salvando solo quelle che macinano utili da almeno tre anni. Questa, in sintesi. Da riaccorpamenti e razionalizzazioni il piano Colomban per le partecipate prevedeva riasparmi di breve termine per 80-90 milioni, che sarebbero dovuti diventare diverse centinaia nei prossimi anni, a un ritmo di 80 milioni all’anno.
Il piano originario è strutturato in due tronconi, da una parte le cessioni, con l’obiettivo di fare un po’ di cassa, dall’altro la messa in liquidazione degli asset. A regime le società in pancia al Comune sarebbero dovute scendere dalle trenta attuali a circa 11, facendo rimanere in piedi le municipalizzate considerate strategiche, con le forbici concentrate invece seconde linee.
Per quanto riguarda le cessioni di quote, Colomban aveva ufficializzato l’uscita del Comune da Aeroporti di Roma, per un corrispettivo di 48 milioni di euro, poi verificatasi. Seguivano poi Centrale del Latte la cui cessione della quota del 75% è stimata in almeno 28 milioni di euro a titolo transattivo, da destinarsi a investimenti in servizi o opere strategiche e per la quale si sono avute trattative coi sindacati, Investimenti Spa che controlla Fiera di Roma, con la cessione della quota del 21,8%. Di più.
Nel ventaglio c’era anche Alta Roma di cui il Campidoglio si sarebbe dovuto liberare della quota del 18,64% e Risorse per Roma Spa che ne detiene la partecipazione e Multiservizi Spa, dove la partecipazione avrebbe dovuto essere valorizzata e dismessa una volta costituita la società mista pubblico-privata di cui l’amministrazione intendeva dotarsi per lo svolgimento di servizi di interesse generale.
Niente di tutto questo, anzi. In compenso un bilancio Atac, appena approvato, con 170 milioni di perdite strutturali. Come se non bastasse, come raccontato giorni fa da Radiocolonna.it, la Centrale del Latte non sarà più venduta, grazie a un assist inatteso della Lega che ha maturato una proposta di legge per escludere dal perimetro della Legge Madia le aziende casearie. E il Campidoglio dice addio a 28 milioni di incassi. Oltre il danno però, non poteva mancare la beffa.
Pochi giorni fa l’assemblea straordinaria sulla riorganizzazione delle partecipate si è aperta senza la relazione dell’assessore competente, Gianni Lemmetti. “Non è seria questa gestione di un consiglio strategico come quello di oggi – ha criticato il consigliere di Sinistra per Roma Stefano Fassina – oppure faccio io la relazione generale e lei mi mette le crocette su quello che è giusto o sbagliato. Perché noi la conosciamo la situazione delle partecipate, la affrontiamo parlando con i lavoratori, in commissione. Non è accettabile”.
Molto più dura la dem Valeria Baglio. “Esattemente un anno fa l’assessore Colomban parlava di risparmi da 90 milioni rispetto al 2017 con il suo piano per le partecipate, oggi vogliamo sapere a che punto siamo. Se l’assessore non se la sente di fare la relazione, venga in Aula la sindaca per spiegarci come date garanzie agli oltre 20mila dipendenti delle partecipate capitoline”. Polemiche che lasciano il tempo che trovano, perché quella riforma non c’è.