L’economia italiana inchioda e saranno necessari due anni prima di poter ritornare ai livelli di Pil e di crescita stimata fino allo scorso gennaio. Parole del Censis, che in uno studio dal titolo Lo shock epocale: imprese e lavoro alla prova della lockdown economy traccia un primo orizzonte.
Uno studio che analizza lo stato dell’economia considerando una chiusura delle attività fino a maggio 2020, con un ritorno alla normalità entro i due mesi successivi.
Il quadro generale della “lockdown economy” porta ad assumere come riferimento un motore produttivo “che lavora a circa il 60% del proprio potenziale e che innesca una catena degli effetti dirompente in termini di reddito, di domanda interna, di sostenibilità economica, in cui il fattore tempo (la durata della sospensione) diventa la variabile fondamentale per capire le conseguenze su un sistema economico e sociale sottoposto a uno ‘stress test’ che nessuna recessione nel passato aveva mai fatto sperimentare”.
Il congelamento delle attività “ha prodotto un impatto che, in termini di fatturato, ha riguardato 660 miliardi di euro nell’ambito dei servizi e 91 miliardi nelle costruzioni, mentre per le imprese dell’industria in senso stretto la restrizione ha avuto effetto su 570 miliardi”.
Nonostante tutto va visto il bicchiere mezzo pieno, perchè le giuste misure di contenimento del coronarivus non hanno bloccato l’intera economia. Poco più della metà delle imprese e dei suoi lavoratori non si sono fermati”.“In qualche modo la fase 2 parte da qui, ma va alimentata con coraggio e decisione.
Vanno tenuti accesi i motori del sistema imprenditoriale per consentire la ripartenza appena sarà possibile e cercare il rimbalzo necessario per il nostro Pil. In caso contrario rischiamo di uscire da questo lockdown lasciando sul tappeto almeno il 20% delle imprese, poco meno di un milione di Pmi, con conseguenze indescrivibili in termini di fatturato, occupazione e tenuta sociale del Paese”.