Fosse solo per l’ennesimo allarme dei sindacati sugli stipendi che non arrivano sarebbe quasi ordinaria amministrazione per una città, Roma, dove l’equilibrio di bilancio è roba che non si vede da decenni. Figuriamoci nelle partecipate. Ma in Ama, stavolta però c’è qualcosa in più. Sì, è vero, due giorni fa i sindacati di Ama hanno acceso l’ennesima sirena.
“Se l’amministrazione comunale non garantisce per i debiti di Ama con le banche, l’azienda andrà in crisi finanziaria e, come messo nero su bianco dal presidente Bagnacani in una recente lettera che abbiamo visionato, avrà difficoltà a pagare gli stipendi da ottobre. Gli stipendi, come avevamo previsto, sono a rischio. L’amministrazione si sbrighi a risolvere questa questa situazione e approvare il bilancio di Ama, altrimenti lo sciopero del 5 novembre, che i cittadini non meritano, sarà inevitabile”, hanno detto lo scorso 22 ottobre.
Eppure in Ama qualcosa si sta inceppando. Forse sta letteralmente finendo la benzina. Due indizi importanti. Primo, manca il bilancio 2017. I termini di legge sono stati sforati abbondantemente ma dei conti dello scorso anno non v’è traccia. Problemi di approvazione ma soprattutto problemi con l’azionista Comune che non intende riconoscere i crediti che Ama vanta nei confronti del Campidoglio. Senza quel bollino è impossibile certificare i conti del 2017.
Le cose si stanno mettendo male. I bandi, per esempio, sono fermi. Non si fanno più gare perché forse non ci sono più soldi per pagare eventuali vincitori. L’ultimo bando pubblicato è scaduto il 2 luglio di quest’anno. Poi, il vuoto pneumatico. Dunque?