Categorie: Economia urbana

Autofilobus, i nonni dei bus ibridi degli anni Trenta a Roma

L’esperimento portato avanti da ATAG e Alfa Romeo. Con risultati non proprio brillanti

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Oggi il tema della sostenibilità dei mezzi di trasporto è un argomento da prima pagina delle cronache locali. Lo è a Roma, dove gran parte della flotta dei mezzi è diesel e dove è iniziata tra blogger e addetti ai lavori una riflessione se quella dei mezzi elettrici o ibridi sia o meno una priorità per la Capitale. Con risposte largamente affermative.

Ma un tuffo nel passato di oltre ottant’anni mostrerà come anche nella Roma fascista degli anni Trenta sia stato fatto un tentativo, rudimentale, di creare un mezzo di trasporto ibrido – un po’ diesel, un po’ elettrico – da mettere a disposizione del tpl capitolino.

Ne racconta Tramroma, memoria storica in digitale della mobilità di Roma sin dagli anni Novanta.

“’L’idea della vettura filoviaria con motore termico ausiliario, per la quale fu coniato il nome di autofilobus o vetture tipo Roma (qualsiasi novità era allora chiamata tipo Roma), si ebbe nel gennaio 1936, ossia ancor prima dell’avvio dell’esercizio filoviario, quando l’ATAG prese accordi con l’Alfa Romeo per la trasformazione di sei autobus diesel Alfa Romeo 80-N a tre assi, eliminando dagli stessi la trasmissione meccanica, montandovi una dinamo direttamente accoppiata al motore termico e adottando dei ponti posteriori muniti di motori elettrici” spiega Tramroma.

Ritardi, diverbi e incomprensioni tra le varie parti in causa ritardarono notevolmente l’esordio in strada dell’ autofilobus, che entrò in una fase di prova solo a gennaio 1938.

Ma com’era l’aspetto di questo mezzo?

“A vederlo, l’ultimo ritrovato filoviario, ufficialmente Alfa Romeo 110-ANF, era piuttosto brutto: un autobus a tre assi di quelli con la cabina del conducente appollaiata sul cofano del motore dotato delle aste di presa filoviarie, carrozzeria che rimarrà la stessa per i successivi quattro esemplari, mentre l’ultimo, il 7011, sarà diverso, decisamente più moderno, con la cabina che si estende su tutto il frontale della cassa – conclude il blogger – l’esercizio del nuovo mezzo tipo Roma si rivelò subito tutt’altro che semplice; all’inizio sarà decisamente problematico ma anche in seguito, eliminati gli inconvenienti più evidenti, i sei autofilobus seguiteranno a fare servizio per lo più come filobus ordinari, pesanti e lentissimi, utilizzati per servizi sussidiari e non risulta nessuna loro applicazione al servizio per il quale erano stati concepiti, ossia l’esercizio di linee miste. La vettura 7007 fu demolita nel settembre del 1943 a seguito di danni riportati in qualche azione bellica, mentre le restanti 7001-7005, 7009, 7011 giunsero al dopoguerra e saranno rinumerate 6981-6989 evidentemente per non creare sovrapposizione con i tram del gruppo 7000; salvo la 6989 ex 7011 che sembra sparire prima del 1950, sono ufficialmente radiate nel 1952.”

 

(foto copertina di Tramroma)

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