Banche, la lunga moria del Lazio

Meno banche, meno sportelli. E una lunga moria di quelle che per molte persone era fino a poco tempo fa una sicurezza, come le Poste: la banca. La chiamano desertificazione bancaria e racconta la lenta ma inesorabile estinzione delle banche, almeno per come erano conosciute da anni. Un’estinzione che non risparmia il Lazio né tanto meno Roma, chiamata negli ultimi anni a fare i conti con la sparizione di sportelli, bancomat, filiali.

Sembra quasi una beffa, un paradosso, nel momento in cui, dati delle Camere di commercio, nel Lazio il numero di imprese nel 2023 è aumentato del 9%. Più aziende, più soldi, più istituti. Nemmeno per sogno. Uilca, il sindacato dei lavoratori del settore, ha fatto i conti. Tra il 2018 e il 2022 sono state chiuse 399 filiali nel Lazio. L’occupazione è scesa del 6,2% per un calo da 25.200 a 23.630 addetti. I comuni serviti dalle agenzie sono scesi del 17,6% da 233 a 192.

Di più. Nel 2022 sette comuni hanno perso il proprio presidio finanziario: Monte Romano, Piansano, Poggio Bustone, Poli, San Vittore nel Lazio, Trevi nel Lazio e Spigno Saturnia. Non sono solo i paesini a essere orfani. Il calo è consistente anche a Roma con gli sportelli scesi da 1567 a 1275 per 1250 dipendenti in meno. Per il segretario regionale della Uil Alberto Civica le concentrazioni bancarie, la digitalizzazione dei servizi e la ricerca del profitto stanno prevalendo sulle considerazioni di tenuta sociale con il rischio di tagliar fuori dal credito la parte più fragile della popolazione.

E pensare che di banche, in formato fisico, si sente ancora il bisogno. Sempre secondo la Uilca, nove persone su dieci sono insoddisfatte dalla chiusura degli sportelli bancari nel proprio comune e ritengono utile parlare con un operatore bancario. Nella la ricerca, svolta su oltre 2800 interviste, per otto su dieci non sarebbe lo stesso se lo sportello bancario chiudesse e fosse sostituito da un bancomat.