La sconfitta del Movimento Cinque Stelle ha lati meno evidenti che vale la pena analizzare. E che si legano – giocoforza – al pessimo risultato ottenuto da Virginia Raggi nel primo turno delle amministrative romane 2021, ovvero la mancata rielezione allo scranno capitolino e l’ultimo posto tra i big in campo, surclassata anche da Carlo Calenda. A poco è riuscito l’attivismo e il piglio più aggressivo e pugnace della sindaca nelle fasi conclusive della campagna elettorale: né lei, né la potente e numerosa macchina comunicativa della sindaca sono riuscite a reindirizzare i romani verso un idillio tra sindaca e cittadinanza che, forse, non è mai sbocciato. Nel fiume dei dati elettorali arrivati a partire dalla chiusura dei seggi, ce ne sono alcuni che indicano come nel Movimento Cinque Stelle romano, oltre alla ‘frontwoman’ Raggi, manchi una vera classe dirigente. Parliamo di politici che spesso sono passati alle cronache per le boutade e le polemiche social e che proprio su Facebook o Twitter si sono guadagnati la fama di fedelissimi di Virginia Raggi. Parliamo, tra gli altri, dell’assessore ai Trasporti Pietro Calabrese, dei consiglieri comunali Paolo Ferrara e Daniele Diaco e di tanti altri ancora. Profili social spesso ricchi di interazioni, di commenti a favore e di fan che sinceramente peroravano la causa della Raggi attraverso il Facebook di un consigliere o di un assessore. Ma quanta di questa fama social si è poi tradotta in voti di preferenza che i big del M5S romano hanno preso al primo turno delle comunali?
Poca, a guardare i dati sulle preferenze per l’Assemblea Capitolina presenti sul sito elettorale di Roma Capitale. Ad uno spoglio sostanzialmente concluso – nel pomeriggio di ieri apparivano i risultati dello scrutinio di 2.525 sezioni su 2.600 – sono diversi i big del Movimento Cinque Stelle romano ad aver preso una manciata di voti, spesso inferiori ai like che prendono sotto a un loro post social. Prendiamo il caso di Pietro Calabrese, combattivo ex assessore alla Mobilità che spesso si è distinto per attacchi social alla stampa, rei – a suo avviso – di diffondere notizie false. Calabrese ha totalizzato poco più di 400 preferenze, ben lontano da quella Linda Meleo prima della lista con oltre 1100 voti e tra le poche – fra i grillini – ad aggirarsi attorno ai mille voti. Per comprendere il bias tra realtà e mondo social digitale, si pensi che l’ultimo post su Facebook di Pietro Calabrese ha totalizzato ben 688 reazioni, quasi 200 commenti e 320 condivisioni. Un bel bottino, molto più ricco dei consensi ottenuti nelle urne.
Magro risultato anche per Andrea Coia, grillino importante della Capitale, ingegnere e assessore allo Sviluppo Economico, che ha ottenuto poco più di 200 preferenze. Modesto il risultato anche per l’assessora alla Scuola di Virginia Raggi, Veronica Mammì, che lambisce i 300 voti. Ancora peggio è andata Valentina Vivarelli, assessora al Patrimonio di Roma Capitale che nelle 2.525 sezioni scrutinate non raggiunge nemmeno le 200 preferenze. Numeri, questi ultimi, con cui non si entrerebbe in nessun consiglio municipale.
I risultati sin qui riportati, così modesti in termini di preferenze, sono conseguenti alla percentuale non alta presa da Virginia Raggi e dalle liste in suo supporto? A guardare i risultati della lista in supporto di Carlo Calenda sembrerebbe di no, visto che la lista del leader di Azione ha preso sostanzialmente gli stessi voti ottenuti dalla Raggi ma con tante preferenze in più. I primi cinque caldeniani votati – quelli che, in teoria potrebbero entrare in consiglio comunale – hanno preso più voti rispetto alla prima eletta nel M5S, ovvero la Meleo. Si tratta di Valerio Casini (3318 voti), Francesca Leoncini (2731), Flavia De Gregorio (2375), Dario Nanni (1755) e Francesco Filippo Carpano (1472).
Insomma, per tanti big del Movimento Cinque Stelle di Roma si potrebbe riadattare una celebre frase pronunciata da Pietro Nenni nel 1948: social pieni, urne vuote.