Non c’è dubbio che dopo un avvio del periodo pre-elettorale deludente, sia nella scelta dei candidati che negli stralci di programmi, tanto nell’area del centrodestra che in quella del centrosinistra, l’auspicio ottimista lanciato dal premier uscente, Mario Draghi, era necessario.
Infatti sulla credibilità Draghi ha sempre basato la sua attività, tanto come banchiere centrale che come presidente del consiglio. Se nel suo intervento al Meeting di Rimini ha ritenuto di garantire un futuro positivo agli italiani, è certamente un messaggio gradito, tanto più in un momento che i rincari del gas e dell’elettricità terrorizzano il mondo produttivo, e non solo.
Secondo Draghi qualsiasi governo, tanto di centrodestra (come sembra ormai scontato) che di centrosinistra, saprà affrontare adeguatamente i problemi che in questo momento mettono alle strette il mondo della produzione e del lavoro, e insieme avviare il Paese sulla strada della trasformazione energetica e di un nuovo modello sociale.
Ad entrambe le coalizioni un unico avvertimento: non pensare di poter fare da soli e non lasciarsi tentare da protezionismo, isolazionismo e da illusioni autarchiche. La credibilità interna deve andare di pari passo con quella internazionale. E soprattutto ai giovani, che lo hanno lungamente applaudito, Draghi ha rivolto un invito ad andare a votare.
Evidente, però, dopo il deposito delle liste, che i giovani troveranno pochi coetanei da votare, perché pressoché tutti gli schieramenti propongono ‘’vecchi’’ volti della politica nel tentativo di dimostrare di poter contare su una classe dirigente collaudata o nella necessità di accontentare gruppi di pressione interni.
Il triste spettacolo di candidature, trite e ritrite, dimostra purtroppo il distacco sempre più ampio dei partiti dalla società civile, sottolineato dalla costante crescita dell’astensionismo che mette in pericolo la democrazia e la nostra libertà.
Tuttavia se teniamo alla libertà, e se siamo il Grande Paese, che Draghi crede capace di superare le congiunture sfavorevoli, di fronte all’emergenza, fatta di guerra e di fame, dovremmo anche diventare una ‘’società’’ in grado di dire la sua con forza e determinazione.